L’Italicum torna in aula, ma il referendum costituzionale fa paura. Previste modifiche

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camerLa Camera dei Deputati torna a occuparsi dell’Italicum a oltre un anno dall’approvazione definitiva della nuova legge elettorale. L’occasione è stata data dalla calendarizzazione di una mozione presentata da Sinistra Italiana affinché il Parlamento verifichi la costituzionalità dell’Italicum prima che a pronunciarsi sia la Consulta. La discussione si svolgerà a settembre, ma il calendario licenziato dalla conferenza dei Capigruppo ha già sollevato il dibattito politico.

Nelle ultime settimane infatti si era parlato di una presunta disponibilità del premier Matteo Renzi a introdurre delle modifiche a una legge elettorale che, così strutturata, premierebbe il MoVimento 5 Stelle. Dopo l’insuccesso delle elezioni amministrative e in previsione del referendum costituzionale di ottobre il rottamatore sarebbe sceso a più miti consigli e accetterebbe di concedere il premio di maggioranza non più alla lista che dovesse superare il 40% dei voti al primo turno o vincere il ballottaggio, bensì alla coalizione. Un modo per «tenere buoni» i partitini centristi che oggi garantiscono la tenuta dell’esecutivo al Senato e che, con lo sbarramento al 3%, difficilmente tornerebbero in Parlamento fuori da una coalizione.

Per Sinistra Italiana, però, il dibattito sulla legge elettorale deve incentrarsi soprattutto su altri due aspetti: l’eccessivo premio di maggioranza dato alla lista – o coalizione – vincente al ballottaggio, che distorcerebbe la volontà degli elettori, e il sistema che prevede i capilista bloccati, permettendo di fatto solo al partito vincente di eleggere anche alcuni esponenti con le preferenze.

«Renzi è in un mare di guai – ha commentato il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio Renato Brunetta – sta saltando la sua riforma costituzionale, con il “no” al referendum, e sta saltando, un po’ per via parlamentare e un po’ per via della Corte costituzionale, l’Italicum. Rischia di restare con un pugno di mosche in mano». Paolo Romani, capogruppo al Senato, sottolinea invece che «cambiare l’Italicum resta una delle nostre priorità, ma per ottenere questo risultato non siamo disposti ad alcun baratto». Il ministro Maria Elena Boschi ha replicato che «il calendario alla ripresa dei lavori parlamentari si deciderà a settembre, non c’è alcuna calendarizzazione prefissata» e Renzi come al solito la difende: «L’Italicum non si cambia».

Molti osservatori individuano però nella scelta della conferenza dei capigruppo un chiaro segnale politico, indirizzato, oltre che ai centristi, anche alla sinistra Dem, che ha più volte condizionato il suo sì al referendun costituzionale solo a modifiche sostanziali alla legge elettorale, contestando il «combinato disposto» tra riforma Boschi e Italicum che darebbe eccessivo potere alla maggioranza uscita vincitrice dalle elezioni. In effetti la sinistra Pd sembra accogliere con grande soddisfazione il ritorno in Aula della legge elettorale. «Mi auguro che già prima di settembre ci sia da parte del presidente del Consiglio e del Pd la volontà di prendere atto che una modifica è necessaria e che un segnale di apertura arrivi già nella direzione convocata per lunedì» spiega Gianni Cuperlo.

I renziani, però, restano ufficialmente molto rigidi sulla questione: «Tutte le leggi, compresa quella elettorale, si possono cambiare se si vuole. Ma di certo non si cambiano con una mozione» sentenzia il capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, imitato dal senatore Andrea Marcucci: «Per cambiare l’Italicum non servono mozioni o spifferi raccolti nei corridoi, ma maggioranze parlamentari».

Sarà, è evidente però che qualcosa si sta muovendo e che Renzi sarà costretto a concedere qualcosa ai suoi compagni di viaggio e a qualche opposizione interna o esterna per garantirsi buone probabilità di superare l’ostacolo referendum, evitando la fine ingloriosa del premier inglese David Cameron.

 

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