Cambia il portavoce del Papa: padre Lombardi va in pensione. Arrivano Greg Burke e Paloma Ovejero

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Padre LombardiPadre Federico Lombardi va in pensione. Ad agosto, quando compirà 74 anni, lascerà il suo ruolo di portavoce, chiudendo il ciclo aperto da Joseph Ratzinger, culminato nella sua rinuncia al pontificato, completato dal pirotecnico avvio di quello di Jorge Mario Bergoglio. A padre Lombardi succede Greg Burke, membro numerario dell’Opus Dei, come lo storico portavoce di Giovani Paolo II, Joaquin Navarro Valls. Il gesuita va in pensione durante il regno del primo Pontefice gesuita della storia, a riprova del desiderio del Pontefice argentino di coinvolgere tutte le anime della Chiesa nella guida della barca di Pietro.

Burke, già giornalista di Time e Fox News, è statunitense, la sua vice sarà Paloma Garcia Ovejero, spagnola, giovane corrispondente della radio dei vescovi iberici, che occupa il posto vacante da alcune settimane lasciato da padre Ciro Benedettini. Entrambi laici, rappresentano quella internazionalizzazione dello Stato pontificio che ha portato all’elezione del primo Papa latino-americano. La doppia nomina cade, forse non casualmente, a pochi giorni dalla conclusione del processo sulla divulgazione di documenti riservati del Vaticano (vatileaks), coda di un opaco scontro di potere, molto economico e molto italiano, di cui una prima, analoga vicenda, nell’ultimo
scorcio del pontificato di Benedetto XVI, era stata prima avvisaglia. Di nuovo, il ciclo che si chiude. Di quel ciclo Lombardi è stato un fondamentale protagonista. Cuneese, uomo dotato di un senso dell’umorismo sottile, il sacerdote, nato a Saluzzo nel 1942, entrato nel noviziato della provincia gesuita torinese nel 1960, laureato in matematica, addottorato in teologia in Germania, ordinato nel 1973, si è sempre caratterizzato come un lavoratore schivo ma instancabile.

Uomo-macchina della Civiltà cattolica, in qualità di vicedirettore con il falmboyant direttore Bartolomeo Sorge, provinciale dei gesuiti italiani dal 1984 al 1990, poi direttore dei programmi di Radio vaticana, Lombardi nei Duemila accumula un impressionante numero di cariche: direttore generale della Radio vaticana, poi del Centro televisivo vaticano, infine, esattamente 10 anni fa, dall’11 luglio 2006, portavoce vaticano. Se già negli anni passati aveva affrontato con determinazione problemi laceranti come le accuse a Radio vaticana per le onde elettromagnetiche, battaglia legale poi vinta dal Vaticano, da volto e voce della Santa Sede, Lombardi ha dovuto affrontare uno dei periodi più tempestosi della recente storia della Chiesa. Dal discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, che da infuriare i musulmani, agli screzi con il mondo ebraico per il dossier lefebvriano, dalle “gaffes” di Joseph Ratzinger, Pontefice a cui è legato da una profonda ammirazione, agli scandali finanziari che investono ciclicamente lo Ior, gli immobili di Propaganda fide, gli investimenti del Vaticano. Si schiera senza esitazione a favore della trasparenza nel dossier scottante della pedofilia, aiutando dietro le quinte a organizzare uno storico convegno ospitato sul tema dalla Pontificia università Gregoriana. Appassionato di storia della resistenza italiana, uno stile di vita quasi rigidamente sobrio (qualcuno ricorda quando si rifiutava categoricamente di prendere la prima classe per lunghi viaggi in treno sebbene costasse poco di più della seconda), non manca mai, ben prima dell’arrivo di Papa Francesco, di dare il suo sostegno alla causa dei migranti e dei rifugiati, forse memore di quando fece da parroco ai poveri emigrati italiani in Germania.

Ironico, un linguaggio a tratti involuto, una capacità tutta gesuitica di aggirare le domande poco apprezzate, Federico Lombardi interpreta però a perfezione il desiderio di Benedetto XVI (e di una componente, minoritaria, del Vaticano) di non nascondere i problemi, affrontarli apertamente, in dialogo, se serve aspro, con l’opinione pubblica. Fiduciosi che, come scrive San Paolo, la verità rende liberi. Agli antipodi dello “story telling”, anti “spin doctor” per eccellenza (preferisce essere definito “direttore della sala stampa vaticana” anziché portavoce), una certa inclinazione a stemperare gli entusiasmi e sdrammatizzare le novità, il gesuita ha però un’idea molto precisa della comunicazione, e a monte del rapporto tra la Chiesa e la società, il mondo, la modernità. Non drammatizza ma non nasconde i problemi, non stigmatizza ma non tollera una certa mondanità molto romana e curiale, risponde a tutti, dal grande inviato di un network internazionale all’ultimo cronista. Si chiude un ciclo, padre Lombardi va in pensione. Non prima, però, di aver preso parte, a fine settembre, alla congregazione generale che eleggerà il prossimo superiore generale dei gesuiti.

 

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