Vaticano pubblica report su quante tasse paga allo Stato. Ma ancora restano 4 miliardi di arretrati

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Dal giornale online Quifinanza.it riprendiamo quest’interessante indagine su quante tasse paga (o meglio non paga) il Vaticano. La polemica ovviamente è esplosa dopo l’intervento dei vescovi contro il ddl Zan e il mondo Lgtbi.

Infatti è proprio da quando sono emerse le pressioni del Vaticano nei confronti del DDL Zan, cui testo – secondo i funzionari della Santa Sede – violerebbe le regole del Concordato Stato-Chiesa, i più critici nei confronti di questa posizione hanno accusato la Chiesa di ingerenze e intromissioni che in un Paese laico non possono essere tollerate. Tra gli attacchi più pungenti, quello di Fedez, che ha accusato la sede papale di avere un enorme debito nei confronti dell’Italia per via di tasse ancora non versate. «Non avevamo concordato che ci davate delle tasse arretrate sugli immobili? L’Unione europea ha stimato circa 5 miliardi. Magari dateci questi soldi poi venite a rompere sulle leggi italiane», ha chiosato il rapper su Instagram.

A lui e a chi si è accodato a questo appello, allora, il Vaticano ha deciso di rispondere, a quanto afferma il giornale citato, prima pubblicando un report sulle tasse pagate nel 2020, poi tramite la replica diretta di Nunzio Galantino, alto prelato a cui il Papa ha affidato la cassa e i conti del Vaticano e presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica (Apsa).

Come reso noto da Vatican News, portale di informazione del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica nel 2020 ha pagato allo Stato italiano 5,95 milioni di euro di IMU (per i suoi immobili) e 2,88 milioni di euro di IRES (per le sue attività). A queste tasse, inoltre, si aggiungerebbero anche quelle da calcolare relative alle imposte pagate dal Vaticano e dalle diocesi italiane, nonché quelle versate dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, quelle della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, del Vicariato di Roma e delle singole diocesi del territorio italiano (di cui però non sono state fornite le cifre esatte).

La replica diretta a Fedez, invece, è arrivata da parte di Monsignor Nunzio Galantino, Presindete Apsa, che in un’intervista rilasciata a La Stampa ha dichiarato: «Mi piacerebbe sapere dal signor Fedez chi ha messo in giro queste cifre e da dove l’ha ricavate: in base a quale legge, su quali immobili. Circolano numeri strampalati che alimentano la leggenda di un immenso patrimonio del Vaticano. Non è così. Se vuole farci una visita abbiamo appena finito l’inventario degli immobili, frutto di un lavoro di allineamento con il catasto. Stiamo anche lavorando a un’eventuale intesa con l’Ismea per vedere quali terreni continuare a far fruttare e quali mettere a disposizione di cooperative di giovani».

Una pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 2018 aveva di fatto autorizzato l’Italia a recuperare più di 4 miliardi di euro di tasse sugli immobili non pagate. Ma la cifra esatta che la Chiesa deve all’Italia per l’ICI non pagata non è stata ancora quantificata. È questo infatti il principale ostacolo al recupero delle tasse non versate imposto dalla Corte di Giustizia Ue.

Mentre la Corte di Giustizia parla di più 4 miliardi, la cifra pari a 5 miliardi viene citata per la prima volta nella relazione illustrativa allegata a un disegno di legge del Movimento 5 Stelle del 2019 in cui si chiedeva appunto di recuperare l’ICI dovuta dalla Chiesa per il periodo 2006-2011. Secondo stime dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), l’ICI non versata tra il 2006 e il 2011 si aggira intorno ai 5 miliardi di euro (circa 800 milioni l’anno) – si legge -. A oggi quelle imposte non sono state ancora recuperate. Secondo l’ANCI ‘c’è impossibilità di recupero a causa di difficoltà organizzative nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi’. La sentenza, quindi, non sarebbe immediatamente applicativa. Secondo l’ANCI – viene poi riportato nel testo di legge – per recuperare il mancato gettito ICI era necessaria una norma di legge che individuasse “il percorso, ove possibile, di recupero delle somme”. Una norma questa che non è mai arrivata, nonostante le indicazioni dei giudici di Lussemburgo.

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Nessun intervento legislativo concreto inoltre c’è stato a favore della soluzione che proponeva di procedere con il recupero delle tasse attraverso autocertificazioni sull’uso degli immobili da parte della Chiesa per il periodo compreso tra il 2006 e il 2011, che prevedeva anche il controllo dei bilanci delle società o delle associazioni connesse alla Chiesa cattolica da parte di soggetti terzi, al fine di stabilire che anche gli immobili occupati per fini sanitari possono essere fonti di reddito e di profitto.

Quindi  è vero che il Vaticano oggi paga le tasse IMU e IRES, ma  nessun percorso di recupero crediti è stato avviato (né da parte della Santa Sede né dallo Stato Italiano) per le somme relative al quinquennio sopra citato. L’incapacità di stimare il debito esatto (che l’Ue ha stabilito essere maggiore di 4 mld di euro, mentre l’ANCI attesa intorno ai 5 mld) è l’impedimento principale che non permette di chiudere il caso ICI, nonostante siano passati tre anni dalla sentenza dei giudici europei e nonostante numerose esortazioni a procedere siano arrivate alla Stato italiano da parte dell’Unione europea .

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