Il prefetto Alessio Giuffrida e l’assessore regionale Vittorio Bugli hanno firmato a Palazzo Medici Riccardi il protocollo d’intesa che disciplina l’ospitalità dei richiedenti protezione internazionale nelle abitazioni dei cittadini toscani. Come funzionerà la nuova forma di accoglienza? La famiglia potrà segnalare la propria disponibilità al numero speciale della Regione 055 4383030, attivo da domani, e potrà così scegliere il gestore con il quale avviare la collaborazione per ospitare i migranti nella propria casa.
L’Asl effettuerà controlli di adeguatezza sull’appartamento e successivamente prefettura e gestore individueranno la persona tra i richiedenti asilo presenti in Italia da almeno sei mesi, da inserire presso la famiglia, con la quale lo straniero firmerà un “patto di solidarietà”. Si tratta di una sorta di accordo per garantire “una qualità civile e dignitosa dell’ospitalità – si legge nel testo base della convenzione – e consentire una positiva coesistenza e un interscambio di esperienze umane e sociali tra cittadini toscani e persone immigrate in Italia”. In sostanza il patto disciplina i momenti più salienti della convivenza familiare, come l’utilizzo degli spazi comuni, il rispetto degli orari e delle abitudini, la cura degli ambienti. Prima di dare avvio all’accoglienza, per la famiglia ospitante verrà programmata una giornata di orientamento, organizzata dalle prefetture toscane e dalla Regione, in modo da fornire tutte le informazioni necessarie, sia sotto il profilo pratico che giuridico.
Soddisfazione è stata espressa da Giuffrida. “Oggi si apre una nuova frontiera – ha detto il prefetto – che conferma la Toscana all’avanguardia. Con questo protocollo, che credo sia il primo del genere siglato in Italia, siamo al top del modello di accoglienza diffusa, al massimo livello di inclusione nel territorio di una regione. Utilizzando un sistema capillare di inserimento, quello nelle famiglie, vogliamo privilegiare – ha concluso Giuffrida – ancora una volta la solidarietà umana e il rispetto dei principi costituzionali piuttosto che i sentimenti di rigetto e di paura”.
Tutto perfetto, tutto politicamente corretto. Ma qualche dubbio comincia a sorgere scorrendo le cronache recenti, che segnalano come l’attentatore afghano di Wurzburg, quello che ha ferito su un treno quattro viaggiatori a colpi di accetta, vivesse nella vicina città di Ochsenfurt dove era ospite di una famiglia locale affidataria. Mentre in Francia l’ultima tragica impresa dei terroristi islamici è avvenuta nel villaggio di Saint-Etienne-du-Rouvray, un anonimo paese che non ha niente della banlieue degradata, niente di simbolico, niente di importante. Un luogo certo adatto all’accoglienza diffusa, una modalità di accoglienza che anch’io ho sostenuto e attuato nel 2011, in accordo con il Presidente Rossi, una modalità che certo presenta molti fattori positivi, ma rende più difficile il controllo da parte delle Forze dell’ordine. Mentre l’auspicato controllo sociale, lo si è visto recentemente sia in Francia che in Germania, non funziona. In Italia invece per ora funziona la prevenzione, anche oggi arresti ed espulsioni di imam radicalizzati e presunti terroristi.