Fisco: la battaglia col contribuente è sempre più aspra, alla fine del 2015 sono pendenti 530.000 ricorsi

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rossella-orlandi-696x425La battaglia tra fisco e contribuenti italiani va avanti da decenni. E le cifre contenute nel Rapporto 2016 del dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia e della direzione della Giustizia Tributaria, analizzate dalla Fondazione Luigi Einaudi e da Sos Partita Iva, sono impressionanti. Alla fine del 2015 risultano pendenti ben 530mila ricorsi, per un valore complessivo di 33,5 miliardi di euro di tasse contestate. E anche se nell’arco di un anno sono stati smaltiti più di 298.313 ricorsi, di progressi se ne vedono ben pochi, perché gli italiani, nel frattempo, ne hanno presentati altri 256.901. Significa che il numero delle cause per fisco è calato appena del 7,2 per cento. Lunghissimi, inoltre, i tempi per addivenire a una soluzione: oltre 4 anni e cinque mesi tra primo e secondo grado.

Di certo c’è che i contenziosi con le diverse strutture dell’amministrazione fiscale (dalle dogane alle Entrate, da Equitalia agli uffici fiscali dei Comuni) vengono persi soprattutto dallo Stato. L’erario, infatti, vince solo nel 44% delle liti in primo grado e nel 45,2 nel secondo. A far pendere la bilancia a favore del cittadino sono soprattutto i contenziosi versus l’Agenzia delle Entrate. In questo caso, infatti, l’erario soccombe 7 volte su 10.

Se è vero che le contese valgono 33,5 miliardi, è altrettanto vero che il 68,7 per cento dei ricorsi pervenuti alle Commissioni Tributarie Provinciali riguarda controversie di valore inferiore o uguale a 20mila euro (che valgono, in totale, 500 milioni). Solo l’1,7 per cento dei ricorsi, invece, ha un valore superiore al milione di euro (totale 15,2 miliardi). Insomma, numeri monstre che, come sottolineano Fondazione Einaudi e Sos Partita Iva, «mostrano il “declino fiscale” in cui da molti anni versa l’Italia», associato a una «formazione culturale illiberale cui generazioni di nostri connazionali sono sottoposti». Premesse che inducono le due organizzazioni a ritenere «opportuno fornire immediatamente un segnale a favore del cittadino/contribuente». Un esempio? «Sul piano del diritto tributario, un simbolico assaggio di quella che potrebbe diventare una piccola rivoluzione nei rapporti tra Stato e contribuente risiede nella soppressione dell’autoritario e anacronistico principio del «solve et repete» e nell’abolizione del grado di appello nel momento in cui il giudice tributario dia ragione totalmente al contribuente».

Nel primo caso si tratta di una norma che fa del contribuente un evasore fiscale presunto. In pratica, se l’erario avanza una pretesa fiscale o contributiva, il cittadino, anche se presenta ricorso, intanto paga. Poi si vedrà… «Va superata la presunzione di colpevolezza – puntualizza Andrea Bernaudo, presidente di SOS partita Iva – l’inversione dell’onere della prova e la riscossione in pendenza di giudizio. È necessaria, cioè, in senso liberale e garantista una riforma del processo tributario».

Quanto alla eliminazione dell’appello nel caso in cui a prevalere in primo grado sia il cittadino, la stessa Fondazione evidenzia come questo «costituisca una violazione delle garanzie del contribuente» che si manifesta attraverso «una concezione processuale arcaica e inquisitoria».

L’Agenzia delle entrate ha annunciato, per bocca della sua Direttrice Generale Rossella Orlandi, di voler avvicinare sempre più il contribuente all’Amministrazione e di cercare la sua collaborazione. Che inizi a fare dei passi anche in questo campo, riducendo le occasioni e le formalità del contenzioso. Ne avrà da guadagnare l’Amministrazione e ne beneficeranno i contribuenti, che si sentiranno meno oppressi dal Fisco.

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