Assoluzione per l’ex senatore Marcello Dell’Utri, per gli ex carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, oltre all’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno. Il verdetto è stato emesso dai giudici della Corte d’assise d’appello di Palermo, riuniti in camera di consiglio per emettere la sentenza del processo d’appello sulla Trattativa tra Stato e mafia. Pena ridotta a 27 anni per il boss Leoluca Bagarella. Dichiarate prescritte le accuse al pentito Giovanni Brusca. Confermata la condanna per Antonino Cinà, medico e fedelissimo di Totò Riina.
In primo grado la Corte di assise, il 20 aprile 2018, aveva condannato a 28 anni Bagarella, a 12 anni, oltre all’ex senatore Dell’Utri, Cina’, Mori e Subranni. Erano stati condannato a 8 anni De Donno e Massimo Ciancimino, figlio di Vito, poi stralciato e prescritto. Il processo di appello e’ iniziato il 29 aprile del 2019.
L’accusa, rappresentata dai sostituti pg Sergio Barbiera e Giuseppe Fici, alla fine della requisitoria del 7 giugno ha chiesto il rigetto dei ricorsi e la conferma della condanne di primo grado. La procura, il cui teorema è stato distrutto dai giudici, scornata e sconfitta dopo tanti anni nei quali rappresentanti dello Stato sono stati messi ingiustamente (come sentenzia la Corte d’Assise), alla sbarra ed esposti al ludibrio mediatico, ha solo la forza di affermare: «Aspettiamo le motivazioni e leggeremo il dispositivo». Sono le uniche parole pronunciate dal sostituto procuratore generale Giuseppe Fici al termine della lettura del dispositivo del processo d’appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Tutti assolti gli ex ufficiali dei carabinieri e Marcello Dell’Utri. Condannati solo i capimafia Bagarella e Cinà. Ma come al solito nessun magistrato pagherà per questo. Occorre riformare la giustizia e mettere i magistrati di fronte alle loro responsabilità, debbono pagare per i loro errori come tutti gli altri dipendenti pubblici.
Ecco il dispositivo della sentenza: «In parziale riforma della sentenza emessa dalla Corte di assise di Palermo in data 20 aprile 2018 assolve De Donno Giuseppe, Mori Mario e Subranni Antonio dalla residua imputazione a loro ascritta per il reato di cui al capo A, perché il fatto non costituisce reato. Dichiara non doversi procedere nei riguardi di Bagarella Leoluca Biagio, per il reato di cui al capo A, limitatamente alle condotte commesse in pregiudizio del governo presieduto da Silvio Berlusconi, previa riqualificazione del fatto… come tentata minaccia pluriaggravata a corpo politico dello stato, per essere il reato cosi’ riqualificato estinto per intervenuta prescrizione. E per l’effetto ridetermina la pena nei riguardi di Bagarella in anni 27 di reclusione. Assolve Dell’Utri Marcello dalla residua imputazione per il reato di cui al capo A, come sopra riqualificato, per non avere commesso il fatto e dichiara cessata l’efficacia della misura cautelare del divieto di espatrio già applicata nei suoi riguardi».
La Corte ha revocato le statuizioni civili nei riguardi degli imputati De Donno, Mori, Subranni e Dell’Utri e rideterminato in 5 milioni di euro l’importo complessivo del risarcimento dovuto alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
La Corte d’assise conferma nel resto l’impugnata sentenza anche nei confronti di Giovanni Brusca e condanna gli imputati Bagarella Cin alla rifusione delle ulteriori spese processuali in favore delle parti civili (Presidenza del Consiglio dei ministri, presidenza della regione siciliana, comune di Palermo, associazione tra familiari contro le mafie, centro Pio La Torre. La Corte ha fissato in 90 giorni il termine per il deposito delle motivazioni.
Paolo Padoin