Draghi, una manovra tra due fuochi, esigenze dei partiti e diktat della Ue

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La manovra di Draghi che si prevede da 25 miliardi, dovrebbe essere finalizzata alla crescita e alla valorizzazione dell’azione governativa per il sociale, e in previsione di questo importante appuntamento il governo invierà a Bruxelles lo schema della legge di Bilancio, la prima di Draghi, che sarà approvata in settimana.

Tra gli obiettivi: riduzione del cuneo fiscale, riforma del Reddito di cittadinanza e delle pensioni, ma su questi tre temi la maggioranza non è concorde e Draghi avrà il suo daffare per contemperare le varie esigenze. La Lega vuole eliminare l’assegno di cittadinanza e difende Quota 100 il M5S chiede il ritorno del cashback, il Pd punta sul taglio del cuneo fiscale.

Passato il voto nelle grandi città, Draghi intende mettere a punto i provvedimenti rimasti in sospeso. Si parte dalla manovra, sapendo che si dovrà trovare un equilibrio innanzitutto fra i veti opposti al premier dai partiti e poi tra i desideri dei leader e le risorse a disposizione. Il centrodestra tutto è sul piede di guerra per abbattere il Reddito di cittadinanza. La Lega, però, vuole anche una soluzione sulle pensioni che vada bene a Matteo Salvini, visto che dovrebbe finire al macero Quota 100.

Il M5S resta in trincea per difendere il Reddito di cittadinanza, vanto di Di Maio e Conte, e chiederà di tornare al cashback caro a Giuseppe Conte. Il Pd invece si concentra sul cuneo fiscale e sul complicato finanziamento degli ammortizzatori sociali. La mediazione che attende Draghi non è semplice.

PENSIONI – La Lega  chiede la conferma di Quota 100, i sindacati, con il Pd, propongono soluzioni flessibili a cominciare da 62 anni. Questo per evitare lo scalone che altrimenti si verificherebbe dal primo gennaio del 2022, dal momento che l’età pensionabile è quella fissata con la legge Fornero a 67 anni di età. Draghi sa che il tema va affrontato, ma non confermando Quota 100, anche perché la misura ha fallito nel presunto obiettivo di favorire il ricambio generazionale.

REDDITO CITTADINANZA – E un fallimento è stato pure quello del reddito di cittadinanza (bandiera dei 5Stelle) come strumento di politiche attive per il lavoro. Questione che Draghi vuole rivedere (non è un caso che abbia rimosso dall’Anpal il presidente Mimmo Parisi voluto dai Cinquestelle) nell’ambito, però, della riforma degli ammortizzatori sociali, sui quali scommette il Pd con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Draghi, dunque, non intende scardinare il reddito (ne condivide le finalità per la lotta alla povertà) ma ha chiesto di registrarlo meglio su altri capitoli: dal sostegno alle famiglie numerose all’accesso per i cittadini provenienti da Paesi esteri ( i migranti e i clandestini che arrivano a frotte col beneplacito del governo? Ahi, Ahi, non ci siamo).

TAGLIO TASSE – Quanto al taglio delle tasse Il centrodestra chiede di investire risorse sul taglio dell’Irpef. Il Pd e Iv puntano sulla sforbiciata al cuneo fiscale (la differenza tra stipendio lordo pagato dalle aziende e importo netto percepito in busta paga dai lavoratori). Al Tesoro hanno allo studio diverse ipotesi per realizzarlo. Una, che piace a sinistra ma non tanto a una parte del MSS, prevede di agganciare il taglio al bonus degli 80 euro di Matteo Renzi esteso a 100 durante il governo Conte, che ne  aveva allargato la platea ai redditi leggermente più alti. Le imprese, però, preferirebbero il taglio dell’Irap.

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Questo il puzzle da mettere a posto alla svelta da parte di Draghi e del suo ministro Daniele Franco, che dovranno tener conto da un lato delle esigenze dei partiti della maggioranza, dall’altro dei ferrei vincoli della Ue. Un compito certo non facile, non vorremmo essere nei panni del premier. Ma Draghi ci ha abituati a tirare fuori il coniglio dal cilindro al momento opportuno, anche se talvolta non ha trovato la soluzione ideale. Speriamo che questa sia la volta buona.

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