La notizia? L’Italia sembra un Paese normale. Strano ma vero. Lo fa capire, per esempio, il record di certificati scaricati nel giorno del debutto del super green pass, che consente a chi è vaccinato o guarito di accedere a ristoranti, cinema, teatri, stadi: oltre un milione e 300mila, la stragrande maggioranza dei quali – quasi 970mila – legati alle vaccinazioni. E non mancano gli applausi alla Guardia di Finanza che fa i controlli. Segnale inequivocabile che l’entrata in vigore delle nuove restrizioni un primo risultato lo ha portato: ridurre ulteriormente la platea dei non vaccinati. Si vedrà nei prossimi giorni se l’effetto continuerà, così come bisognerà aspettare lunedì prossimo per avere i primi dati sui controlli e capire se gli italiani si sono adeguati o meno ai nuovi divieti.
L’impressione del primo giorno, ripeto, è quella di un Paese normale: gli italiani sono andati al lavoro e gli studenti a scuola; i turisti hanno preso possesso dei centri storici, i bar e i ristoranti hanno accolto i cittadini alla solita maniera: chi ha chiesto il certificato nei giorni scorsi lo ha fatto anche oggi, chi ha violato le regole prima ha continuato a farlo. E anche una delle principali novità del decreto, l’obbligo del pass su bus e metropolitane del traporto pubblico locale, non ha prodotto grossi scossoni. O meglio: se l’obiettivo era responsabilizzare gli italiani e spingerli a rispettare le norme, magari stavolta funzionerà; perché evitare che chi non è vaccinato usi i mezzi pubblici è impresa impossibile
A guardare come è andata il primo giorno, però, l’impressione è che la maggioranza abbia accolto con favore il nuovo corso. A prescindere dai controlli, che come era prevedibile sono stati soft e limitati. Alla stazione Termini di Roma, l’immagine alle 8.30, raccontano anche le agenzie, è stata quella di migliaia di persone che si spostano tra le linee A e B della metro senza che sia apparso un solo addetto a controllare chi ha il pass e chi no. Numeri simili a Milano, dove Atm ha schierato 40 controllori su bus, metro e tram mentre alla stazione di Porta Garibaldi i ‘verificatori’ erano 8: sei di Ferrovie e 2 di Trenord. A Napoli, chi ha preso la funicolare o il bus non ha notato alcuna differenza. A Venezia le verifiche sono scattate alle fermate dei vaporetti e a quelle dei bus in piazzale Roma: a terra sono rimasti in 15.
A Genova, invece, ne hanno controllati 400; ma, come dice il direttore dell’azienda dei trasporti Stefano Dolci, è stata un’opera di educazione civica: informiamo e invitiamo chi non ha il certificato verde a non salire. Non ci sono però proteste e i 15 che a Genova Brignole hanno inveito contro il nazi pass o i 5 che a Torino hanno bloccato un treno merci sono l’eccezione che conferma la regola. Al caffè Etrusca di Perugia, quando sono entrati i finanzieri è scattato l’applauso. Le verifiche sono molto più capillari dove è impossibile eluderle: a Messina ad esempio, per attraversare lo Stretto è necessario il pass. Niente certificato, niente biglietto. O in Alto Adige, dove il presidente Arno Kompatscher si è portato avanti: la regione è in giallo ma lui ha firmato un’ordinanza che la pone di fatto in arancione. Sì l’Italia è un Paese normale. O quasi.
Sandro Bennucci