Le agenzie di rating non considerano molto positiva l’azione del governo Draghi, tanto che tagliano le stime precedenti. Valutando negativamente il fatto che per il secondo mese di seguito la produzione industriale in Italia arretra, scendendo del 2,1% a giugno, dopo il calo di 1,1% a maggio.
Intravede nubi anche Moody’s: confermando il rating dell’Italia Baa3, l’agenzia rivede al ribasso le prospettive a ‘negative’ da ‘stabili’. E avverte: sull’Italia ci sono “rischi materiali sulle prospettive di crescita legati all’esecuzione del Pnrr e alle forniture energetiche”. Constatando i progressi effettuati di recente sul fronte dei conti pubblici, Moody’s osserva come “la fine del governo Draghi e elezioni anticipate del 25 settembre 2022 aumentano l’incertezza politica”. Particolare accento viene messa ai rischi legati all’attuazione del Pnrr: se non saranno centrati gli obiettivi l’Italia potrebbe “restare più esposta alla fiducia degli investitori in un momento in cui il governo ha bisogno che gli investitori giochino un ruolo” maggiore nel debito italiano. Moody’s “non ritiene che che il Tpi” annunciato di recente dalla Bce “sarà una panacea contro l’aumento dei rendimenti in tutte le circostanze”.
Ma il Mef non ci sta e definisce la revisione al ribasso “opinabile”, spiegando che i numeri dell’economia italiana, come dimostrato dal dato più che positivo sul Pil del secondo trimestre, sono buoni e che “le elezioni anticipate non costituiscono un’anomalia nel contesto delle democrazie europee”. Il governo resta peraltro “fiducioso” anche sull’attuazione del Pnrr”.