Il 2023 è iniziato con un’ondata di rincari: prezzi della benzina, pedaggi autostradali, mutui, polizze rc auto. Nemmeno i conti correnti sono stati immuni, in media hanno registrato un aumento del 7% rispetto a un anno fa, poco meno del tasso di inflazione acquisita in Italia nel 2022, pari all’8,1%.
Il canone annuo per una famiglia con operatività media può superare ora i 200 euro. Intanto, però, a parte pochi casi isolati, i rendimenti dei conti correnti continuano a essere a zero: e questo nonostante la Bce abbia alzato i tassi di interesse quattro volte da luglio scorso, portandoli al 2-2,5% e 2,75% a seconda della tipologia di riferimento.
Le banche tradizionali – spiega MF-Milano Finanza – nella fase storica attuale devono difendere i loro bilanci, sotto pressione per via dell’andamento negativo del mercato, del calo delle commissioni del risparmio gestito e per la frenata dell’economia.
Alzare i tassi sui conti correnti non porterebbe loro vantaggi, anzi sarebbe un costo aggiuntivo. Per gli investitori però i rincari sui conti comportano un doppio costo: da una parte il prezzo del parcheggio imposto dalla banca, dall’altra
l’inflazione, che in assenza di remunerazione erode ancora di più la liquidità infruttuosa depositata sui conti.
Un problema tanto più grave se si considera che, dopo un 2022 così negativo per i mercati, i risparmiatori italiani hanno paura di tornare a investire, e i parcheggi della liquidità sono ai massimi storici, circa 1.800 miliardi di euro.