Gli ultimi incontri fra le parti sociali e il punto della situazione fatto dall’Inps mostrano che il sistema previdenziale e pensionistico italiano resta per ora in equilibrio, ma potrebbe presto scricchiolare se non si interviene sul rapporto previdenza-assistenza, la cui commistione può causare guasti non indifferenti.
Itinerari previdenziali ha sottolineato nel suo ultimo rapporto che le prestazioni assistenziali che vi incidono troppo, ma anche le formule di flessibilità in uscita che riducono l’età per la pensione di vecchiaia senza prevedere strumenti adeguati di invecchiamento attivo.
«A oggi il sistema è sostenibile e lo sarà anche tra 10-15 anni, nel 2035/40, quando le ultime frange dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 (in termini previdenziali assai significative, data la loro numerosità) si saranno pensionate», commenta Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali.
Ma perché si mantenga questo delicato equilibrio, Brambilla “ritiene indispensabile intervenire maniera stabile e duratura sul sistema, tenendo conto di quattro principi fondamentali: le età di pensionamento, attualmente tra le più basse d’Europa (circa 63 anni l’età effettiva in Italia contro i 65 della media europea)”.
Ma soprattutto preoccupa il rapporto fra previdenza e assistenza, un tema su cui Itinerari Previdenziali insiste da anni. L’andamento della spesa per le prestazioni previdenziali del sistema obbligatorio si mantiene tutto sommato stabile (+3,54 miliardi rispetto al 2020), mentre sale ancor più il costo delle attività assistenziali, a carico della fiscalità generale.Dal 2008, quando ammontava a 73 miliardi, l’incremento è stato di oltre 71 miliardi, con un tasso di crescita annuo di oltre il 6%, tre volte superiore a quello della spesa per pensioni, comunque sostenute da contributi di scopo.
Nel dettaglio, la spesa pensionistica di natura previdenziale comprensiva delle prestazioni IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti) è stata nel 2021 di 238,271 miliardi, in salita dell’1,5% dai 234,736 del 2020: l’incremento è 0,4 punti percentuali meno dell’inflazione. Diminuisce il saldo negativo fra entrare e uscite, pari a circa 30,006 miliardi, quasi 9 miliardi in meno dai 39,3 del 2020. Su questo dato incide in particolar modo il disavanzo della gestione dei dipendenti pubblici, che evidenzia da sola un passivo di oltre 37 miliardi (erano 33 prima di COVID-19).
Sono invece quattro le gestioni obbligatorie INPS con saldi positivi, e in recupero rispetto al 2020 anche grazie al progressivo contenimento della pandemia: lavoratori dipendenti (attivo di 11.548 milioni dai 1.203 l’anno precedente), commercianti (da 607 a 654 milioni), lavoratori dello spettacolo ex ENPALS con 288 milioni (erano 150 nel 2020), Gestione Separata dei lavoratori parasubordinati, (da 6.819 a 7.700 milioni).
Per quanto riguarda la spesa assistenziale, nel 2021 risultano in pagamento 4 milioni 106mila 597 trattamenti di natura interamente assistenziale (invalidità civile, accompagnamento, assegni sociali, pensioni di guerra) e ulteriori 7 milioni 47mila 365 prestazioni tipicamente assistenziali (integrazioni al trattamento minimo, maggiorazioni sociali, importo aggiuntivo e quattordicesima mensilità). Al netto delle duplicazioni, i pensionati che percepiscono prestazioni totalmente assistite, e di fatto non sostenute da contribuzione, sono quindi 3 milioni 704mila 275, per un costo totale annuo di 21,728 miliardi.
Itinerari Previdenziali ribadisce quindi la proposta di separare previdenza e assistenza. Fra l’altro, sottolinea Brambilla, “c’è anche un tema di adeguata comunicazione con le istituzioni europee, perché dai dati forniti da Istat a Eurostat risulterebbe che l’Italia ha una spesa molto alta rispetto alla media europea, generando l’erronea convinzione che il sistema vada riformato”. In realtà, “il vero problema è la scelta dei governi italiani di allocare misure a sostegno delle famiglie o volte a contrastare l’esclusione sociale, a tutti gli effetti spese assistenziali, sotto il capitolo pensioni”.
Anche in vista delle indicazioni che dovranno essere indirizzate alla Ue in tema di riforma delle pensioni sarebbe urgente che il governo e le parti sociali (i sindacati si sono dichiarati d’accordo) provvedessero una buona volta a mettersi d’accordo sulla separazione delle due voci citate.
Non si tratta certo di un’operazione facile, il lungo tempo trascorso senza che nessun governo, di destra, di centro di sinistra o tecnico, abbia fatto alcunché testimonia della delicatezza e della complessità della questione.
Del resto il problema dell’equilibrio delle pensioni non è agevole da risolversi in nessuno Stato d’Europa. Le manifestazioni “oceaniche” organizzate in questi giorni in Francia contro la riforma proposta da Macron ne sono una riprova molto evidente.