Draghi: “L’Europa deve avere una sovranità più condivisa. Sarebbe grave lasciare le vecchie regole del Patto”

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Intervistato dall’Economisti (in italiano "Repubblica" e "Stampa") Mario Draghi, applaudito da Renzi e Caolenda, afferma che, in Europa, serve una solidarietà più condivisa. E che "lasciare le vecchie regole del Patto di stabilità, sarebbe il peggior risultato possibile".

Le strategie che hanno assicurato prosperità e sicurezza all’Europa in passato, cioè la dipendenza dall’America per la sicurezza, dalla Cina per le esportazioni e dalla Russia per l’energia, oggi sono diventate "insufficienti, incerte o inaccettabili" perciò, conclude, "l’unica strada è un’unione più stretta".

"Scivolare passivamente nelle vecchie regole fiscali – afferma l’ex Premier – sarebbe il peggior risultato, perchè l’Europa ha bisogno di nuove regole e una maggiore condivisione della sovranità". A suo parere, nemmeno la proposta della Commissione Ue in materia "scioglierebbe del tutto il compromesso tra regole rigide e flessibilità".

Per Draghi, la soluzione è trasferire "più poteri di spesa al centro, mettendo in comune una maggiore sovranità" e prevedendo quindi "nuove forme di rappresentanza e di processo decisionale centralizzato".

"Poiché fin dal suo concepimento ha impedito trasferimenti fiscali, l’unione monetaria è stata considerata da molti economisti destinata al fallimento, prima ancora di essere lanciata", "eppure paradossalmente, le prospettive di un’unione fiscale nella zona euro stanno migliorando – perché la natura dell’ integrazione fiscale necessaria sta cambiando. Ora la zona euro si è evoluta in due modi che stanno spianando la strada a un’unione fiscale diversa e potenzialmente più accettabile".

"Il primo: dal 2012, la Banca centrale europea ha messo a punto strumenti politici atti ad arginare l’indesiderata divergenza tra gli oneri finanziari dei Paesi più forti e dei più deboli e ha dimostrato di volerli utilizzare. Questo ha permesso alle politiche fiscali nazionali – che rivestono un ruolo fondamentale di stabilizzazione nella zona euro – di stabilizzare il ciclo economico. A sua volta, questo rende meno indispensabili i trasferimenti di fondi da un Paese all’altro".

"Secondo: l’Europa – sottolinea Draghi – non sta più affrontando crisi provocate da politiche inadeguate in determinati Paesi. Al contrario, deve confrontarsi con shock comuni esterni come la pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina. Questi shock sono troppo grandi perché un Paese riesca a gestirli da solo. Di conseguenza, c’è meno opposizione ad affrontarli attraverso un’azione fiscale comune".

"L’Europa -s sostiene Draghi – deve affrontare una molteplicità di sfide sovranazionali che richiederanno in un arco di tempo limitato investimenti considerevoli, tra cui quelli per la difesa, la transizione verde e la transizione digitale. Al momento, tuttavia, l’Europa non dispone di una strategia federale per finanziarli e del resto le politiche nazionali non possono farsene carico perché le regole fiscali e le regole per gli aiuti di stato limitano la capacità dei Paesi di agire in modo indipendente. Tutto ciò contrasta fortemente quanto accade in America, dove per raggiungere gli obiettivi nazionali l’amministrazione di Joe Biden sta allineando spesa federale, cambiamenti normativi e incentivi fiscali".

Quindi Draghi avverte: "Se non si agisce, c’è il serio rischio che l’Europa non riesca a centrare i suoi obiettivi climatici, a fornire la sicurezza che i suoi cittadini chiedono, e che perda la sua industria a vantaggio delle regioni che si impongono meno vincoli. Per questo motivo, tornare passivamente alle sue vecchie regole fiscali, sospese durante la pandemia, sarebbe l’esito peggiore".

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Sandro Bennucci

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