Israele: morta Shani, ragazza simbolo del massacro nel deserto del Negev. Forse decapitata

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E’ morta, forse decapitata, Shani Louk, la ragazza tedesco-israeliana divenuta simbolo del massacro del rave compiuto da Hamas lo scorso 7 ottobre.

"Mamma, non so dove nascondermi, sto cercando un riparo….". Potrebbero essere state le ultime parole di Shani. Parole disperate, rivolte alla madre dal suo smartphone mentre terrorizzata correva in cerca di un rifugio. Ma tutto attorno solo la distesa di sabbia e di roccia del deserto del Negev, le urla e le raffiche esplose dai suoi carnefici.

Sul terreno la scia di sangue di tanti coetanei già feriti o colpiti a morte. Si pensava che Shani potesse essere gravemente ferita ma ancora viva, tra gli ostaggi rapiti quel giorno dagli jihadisti. Ma ora anche l’ultima fiammella di speranza si è spenta: la ventiduenne è morta, e molto probabilmente già in quello che passerà alla storia come il ‘sabato nero’ di Israele.

Ad annunciare il tragico epilogo gli stessi familiari della giovane, la madre Ricarda in tv e la sorella Adi su Instagram: il corpo di Shani non è stato ancora trovato, ma un osso della scatola cranica sarebbe stato rinvenuto dall’esercito israeliano sul luogo della strage, con il test del Dna che non lascerebbe spazio ad alcun dubbio.

"Ciò significa che questi animali barbari e sadici le hanno semplicemente tagliato la testa mentre attaccavano, torturavano e uccidevano", il commento del presidente d’Israele Isaac Herzog parlando alla Bild.

Una fine terribile, dunque, anche se la dinamica e i dettagli di quanto realmente accaduto restano ancora da verificare. Il corpo apparentemente inanimato di Shani, riconosciuta dalla madre per i suoi tatuaggi, compariva infatti in un video diffuso da Hamas subito dopo il massacro nel kibbutz di Re’im, gettato sul retro di un pickup che sfilava per le strade di Gaza: giaceva seminudo e con il volto rivolto verso il basso, mentre diversi uomini lo calpestavano.

Uno di loro le tirava i capelli, e un altro le sputava sulla testa sanguinante. Tutti intorno gridavano ‘Allahu Akbar’, ‘Allah è grande’. Poi la jeep si allontanava a tutta velocità. Immagini spaventose, crudeli, che però hanno alimentato la speranza, quella che la ragazza potesse essere gravemente ferita ma ancora viva.

Anche perché il 10 ottobre una famiglia palestinese amica della famiglia di Shani aveva ipotizzato la presenza della giovane in un ospedale di Gaza. E poi la sua carta di credito, utilizzata proprio in quell’area. Di qui i ripetuti appelli della famiglia alle autorità israeliane e tedesche, compreso il cancelliere Olaf Scholz, perché si tentasse tutto il possibile per porre fine ad un incubo.

Ora resta solo il dolore immenso per una ragazza che amava girare il mondo e la musica, e che da poche ore era tornata in Israele. Di professione faceva la tatuatrice, ma era anche un’influencer molto seguita su Instagram, dove sorridente e con i suoi lunghi dreadlock condivideva amori e passioni con centinaia di follower. Viveva a Tel Aviv, dopo aver completato i suoi studi a Portland, in Oregon.

La madre Rebecca, tedesca e di origini cattoliche, da Ratisbona era volata in Israele negli anni ’90, sposandosi e convertendosi. Del fidanzato di Shani, un ragazzo messicano che si trovava con lei sulla spianata del kibbutz di Re’im per seguire il Super Nova Festival, non si hanno più notizie da quel giorno.

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Da quando i due giovani correvano disperati nel tentativo di raggiungere la loro auto oramai circondata dai miliziani. Una corsa senza scampo. L’uccisione di Shani "dimostra tutta la barbarie che sta dietro all’attacco di Hamas", il commento del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha ribadito come Israele abbia tutto il diritto di difendersi.

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