Spagna: Sanchez si accorda con gli indipendentisti sull’amnistia. E l’attentato a un ex dirigente Pp scuote il Paese

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Il centrodestra grida al golpe, dopo che Sanchez ha raggiunto con il leader indipendentista catalano Puigdemont. E a Madrid scorre il sangue: l’attentato ad un ex dirigente del Pp catalano scuote il Paese. In ogni caso, Pedro Sanchez torna alla Moncloa: il leader socialista si presenterà al Congresso la prossima settimana per la fiducia.

Ma ecco il colpo di scena: poche ore dopo l’annuncio dell’accordo, verso l’ora di pranzo, un uomo spara in faccia a Alejo Vidal-Quadras, settantottenne, ex presidente del Pp catalano e tra i fondatori di Vox, ma ormai da anni ai margini della politica attiva nazionale. Tutto in pochi istanti, nel pieno centro della capitale.

Il colpo, sparato da una pistola calibro 9 parabellum, perfora la mandibola da parte a parte dell’ex dirigente popolare che durante i soccorsi è sempre rimasto cosciente. Le sue condizioni sono gravi ma stabili e non è in pericolo di vita.

A caldo, le modalità dell’attentato hanno fatto pensare all’azione di un killer professionista e gettato un’ombra sull’intesa politica appena raggiunta. Ma con il passare delle ore la pista politica interna è stata esclusa, e le indagini sono state affidate agli agenti del Gruppo omicidi della Questura di Madrid, non agli specialisti dell’antiterrorismo.

In serata, la vittima ha fatto sapere che, secondo lui, l’attentato è legato ai suoi rapporti con l’opposizione iraniana che, secondo fonti giornalistiche, finanziò Vox sin dalla sua nascita. L’attacco ai danni di un ex politico catalano aggiunge comunque ansia e angoscia ad una società profondamente divisa sul tema delle relazioni tra Madrid e Barcellona.

Sin dal giorno dopo le elezioni della fine di luglio, era stato chiaro che solo una legge di amnistia avrebbe garantito l’intesa tra il Psoe e gli indipendentisti catalani, condizione necessaria per avere un nuovo governo e scongiurare l’ennesimo ritorno alle urne.

Dal suo incarico sino a oggi, Pedro Sanchez ha negoziato con Carles Puigdemont, il leader di Junts, di fatto latitante in Belgio dopo le condanne comminate ai suoi danni dai tribunali spagnoli. Un leader a dir poco controverso, considerato un interlocutore politico dai socialisti, un fuggitivo e un delinquente dall’opposizione.

Così, quella che per il Psoe e i progressisti è un’intesa necessaria per dare stabilità alla Spagna e aiutare la convivenza, per il centrodestra rappresenta invece "un golpe, un attentato all’unità del Paese, la fine dello stato di diritto", come ha tuonato leader del Pp, Alberto Nunez Feijòo.

"La democrazia spagnola ha superato nel corso degli anni tanti problemi, ma il golpismo nel passato sfidava i primi ministri, quello di oggi invece viene dal primo ministro – ha affermato Feijòo -. Con questo accordo il Psoe ha sotterrato la sua natura costituzionale. Noi non ci arrenderemo".

Accuse molto simili a quelle lanciate dal leader dell’ultradestra di Vox Santiago Abascal, alleato spesso irrequieto dei popolari. "Con l’intesa di Bruxelles – ha detto – si è messo in marcia il golpe contro la democrazia e la legge: ora bisogna mobilitarsi in modo totale e permanente in parlamento e nelle strade". Parole forti che negli ultimi giorni hanno incendiato la protesta nelle strade e nelle piazze di tutta la Spagna.

Ma è a Madrid che lo scontro ha assunto caratteri più radicali: per cinque giorni consecutivi, sulla spinta di Vox, si sono svolte manifestazioni egemonizzate da gruppuscoli della destra neofascista che, sull’onda di slogan come ‘La Costituzione distrugge la Nazione’, hanno assediato la sede nazionale del Psoe. Proteste finite con cariche, arresti, feriti, soprattutto tra gli agenti delle forze dell’ordine. Un ritorno della violenza politica che preoccupa una società spagnola sempre più spaccata.

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Sandro Bennucci

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