Eriksson: “Sono malato, mi resta un anno. Non ci penso”. Firenze lo chiamava “Sven-Go”. Allenava Baggio e Borgonovo

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"Ho una malattia grave. Mi resta da vivere nel migliore dei casi un anno, nel peggiore molto meno. Impossibile dirlo con esattezza, quindi è meglio non pensarci".

Chi parla, o meglio confessa senza timori nè pudori il suo stato di salute è Sven Goran Eriksson. A Firenze detto anche "Sven-Go". Ha solo 75 anni e sta lottando contro un nemico molto più potente di quelli che sbaragliava sui campi di calcio, con classe e compostezza svedese. Mi ricordava molto Nils Liedhom anche se era meno carismatico. Ha rivelato il suo incubo, al quale ha comunque detto di "non voler pensare più di tanto", in un’intervista all’emittente Radio P1, scioccando il mondo del calcio, e soprattutto coloro che lo conoscono, dalla Svezia all’Italia.

A Firenze rimase due stagioni (1987-88 e 1988-89), gestione Pontello. Ebbe due gioielli: Baggio e Borgonovo. Se ne abdò per vincere altrove, visto che ormai l’era pontelliana era al tramonto e la famiglia di costruttori edili non aveva più l’entusiasmo, nè la voglia di investire, nella Fiorentina.

Ma torniamo a Eriksson e a un presente che farebbe strillare chiunque, ma non lui: "Resisterò per tutto il tempo che posso". Aggiunge di voler affrontare la realtà cercando di rimanere positivo e di "trarre qualcosa di buono" dalla diagnosi che non gli lascia scampo.

"Si tenta di ingannare il cervello. Altrimenti è troppo facile soccombere, diventare negativi e rimanere bloccati in casa. Meglio cercare di vedere gli aspetti positivi e non arrendersi nei momenti difficili. Non sono in ospedale, conduco una vita normale. Ogni tanto vado a fare una visita. Natale e Capodanno, tutta la mia famiglia era qui – racconta – Quando ricevi un messaggio del genere, apprezzi ogni giorno e sei felice quando ti svegli la mattina e ti senti bene, quindi è quello che sto facendo".

Eriksson si era dimesso 11 mesi fa dal suo ultimo ruolo, ds nel club svedese Karlstad. La diagnosi era emersa dagli esami seguiti "ad un piccolo ictus" che aveva causato un malore "e purtroppo non è operabile".

Nei 42 anni da tecnico e manager il fiore all’occhiello resta la nomina a commissario tecnico dell’Inghilterra (dal 2001 al 2006), primo straniero a ricoprire questo ruolo. Intrapresa ad appena 28 anni la carriera di allenatore a causa di un infortunio che aveva fermato quella di difensore (comunque non di grandi prospettive), dopo le panchine iniziali al Degerfors, Torsby e Goteborg, Eriksson ha girato il mondo, allenando le nazionali di Messico, Costa d’Avorio e Filippine, oltre a squadre in Cina e Dubai.

Ma è con i club europei che si è tolto le più belle soddisfazioni. Soprattutto tra Portogallo e Italia. Arrivato in Serie A dal Benfica – dove aveva già mostrato il suo calcio modernissimo – dopo Roma, Fiorentina, un ritorno al Benfica e l’esperienza alla Sampdoria, nel 1997 approda alla Lazio, con al seguito il fedelissimo Roberto Mancini.

Nella capitale Eriksson aveva sfiorato lo scudetto in giallorosso, sfumato nell’ormai famoso ko casalingo per 3-2 con il Lecce. Con la Lazio allestita da Sergio Cragnotti in quattro stagioni vincerà non solo il campionato, ma anche la Coppa delle Coppe, due Coppe Italia, una Supercoppa italiana e la Supercoppa Uefa.

Tanti i successi anche con il Benfica, tra i quali spiccano tre campionati e la finale di Coppa dei Campioni, persa con il Milan di Arrigo Sacchi. Lasciata la carica di Ct dell’Inghilterra, la carriera manageriale "di Eriksson è proseguita con il Manchester City e Leicester. Gli ultimi incarichi con club risalgono al periodo tra il 2013 ed il 2017, con le squadre cinesi della Super League Guangzhou R&F, Shanghai SIPG e Shenzhen. Ora l’annuncio choc. Lui però è saldo. Non si emoziona. Come quando allenava Baggio e Borgonovo, ai quali, diceva, "non devo insegnare nulla". Forza "Sven-Go"!

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Sandro Bennucci

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