Firenze: Orsanmichele riapre, compreso il museo

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Dopo oltre un anno di lavori di restauro, messa in sicurezza, riallestimento del museo e miglioria degli accessi, il Complesso di Orsanmichele riapre venerdì 19 gennaio in veste completamente rinnovata diventando fruibile, a pagamento, tutti i giorni della settimana ad eccezione del martedì.

Quattrocento giorni totali di chiusura (il museo era chiuso dal 12 dicembre 2022, la chiesa dal 16 gennaio 2023, un investimento complessivo di € 1.135.026,43 (vedi scheda tecnica allegata) promosso dal Ministero della Cultura facente parte dei cosiddetti Grandi Progetti Beni Culturali e un progetto che porta la firma degli studi Map Architetti e Natalini Architetti, hanno consentito di riportare alla fruibilità il complesso, parte integrante del gruppo statale dei Musei del Bargello diretto fino ad oggi da Paola D’Agostino. Nel nuovo allestimento le statue sono state rialzate, perché erano state concepite per essere viste dal basso. ”.

In occasione della riapertura – ha spiegato Benedetta Matucci, curatrice del Museo di Orsanmicheleil pubblico potrà ammirare anche gli esiti di numerosi interventi conservativi e allestitivi, su dipinti murali, statue e paramenti lapidei, che restauratori e tecnici hanno condotto durante i mesi di chiusura, in un clima di fattiva collaborazione, idealmente paragonabile a quella che un tempo dovette animare le molte maestranze coinvolte nei lavori di edificazione del cantiere trecentesco, e con un comune sentimento di rispetto verso i capolavori di Orsanmichele”.

Nel nuovo allestimento, le 13 statue originali esposte nel Museo, opera dei più grandi scultori del Rinascimento fiorentino ovvero Lorenzo Ghiberti (San Giovanni Battista, Santo Stefano e San Matteo), Donatello (San Marco e San Pietro), Nanni di Banco (Sant’Eligio, San Filippo, Quattro Santi Coronati), Andrea del Verrocchio (Incredulità di San Tommaso), Baccio da Montelupo (San Giovanni Evangelista), Giambologna (San Luca), accanto a quelle trecentesche Piero di Giovanni Tedesco (Madonna della Rosa) e Niccolò di Pietro Lamberti (San Giacomo Maggiore) tornano a interagire con il pubblico, come quando si trovavano nelle nicchie esterne e incrociavano lo sguardo dei passanti per le strade circostanti Orsanmichele. Ognuna delle sculture si trova nella posizione corrispondente a quando si trovava in facciata, in modo da proporre al visitatore una sorta di passeggiata che rispecchi l’esterno del complesso.

Il progetto commissionato dai Musei del Bargello nasce dall’esigenza di ripensare il rapporto statua-spettatore secondo il punto di vista di antichi maestri, Donatello in primis, che nell’ideazione delle statue tenevano in conto la collocazione finale, in questo caso la serie di nicchie sopraelevate a due metri di altezza dal suolo, per cui le opere hanno appositi accorgimenti prospettici.

In quest’ottica il riposizionamento delle tredici statue monumentali, per cui si sono rese necessarie complesse operazioni di movimentazione condotte dalla ditta Arterìa, ha tenuto conto dell’originaria disposizione nel ridisegnare, grazie al progetto di Barni e Natalini, le antiche geometrie delle opere centrate sui moderni fondali, e ripristinare le relazioni spaziali un tempo esistenti tra le figure dei gruppi scultorei come i Quattro Santi Coronati di Nanni di Banco o l’Incredulità del Verrocchio. Particolarmente suggestive sono le statue posizionate in diagonale sugli angoli delle pedane, come il San Luca del Giambologna o il San Matteo di Ghiberti, che sembrano affacciarsi oltre il profilo degli schienali, guardando lo spettatore, e sporgendo le possenti braccia nell’atto di sorreggere i libri.

Ad una differente altezza riacquistano solennità anche le statue più rigidamente frontali, come il San Giacomo maggiore di Niccolò Lamberti o il Santo Stefano di Ghiberti, il cui sguardo apparentemente spento si rianima se proiettato in lontananza. E si tornano ad apprezzare anche particolari rimasti a lungo in ombra come i bellissimi calzari ai piedi del gruppo verrocchiesco dell’Incredulità di San Tommaso.

La temporanea chiusura del Complesso di Orsanmichele ha consentito inoltre di intraprendere una consistente serie di operazioni di restauro e manutenzione straordinaria delle sculture, dei dipinti murali, dei paramenti lapidei della Chiesa e di alcune delle celebri statue conservate al Museo, oltre alla realizzazione dei supporti per la messa in sicurezza delle opere, interventi questi diretti da Benedetta Matucci funzionaria storica dell’arte e responsabile del Complesso di Orsanmichele con Benedetta Cantini, funzionaria restauratrice dei Musei del Bargello.

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In Chiesa, dove i restauri sono stati condotti con attenta dedizione da Bartolomeo Ciccone, Gabriela Simoni e Muriel Vervat, è stato possibile procedere ad una spolveratura integrale del tabernacolo dell’Orcagna (a distanza di cinque anni dal precedente intervento di manutenzione straordinaria) come anche dell’altare con il gruppo della Vergine con Bambino e Sant’Anna di Francesco da Sangallo, e della tavola di Bernardo Daddi, sottoposta quest’ultima ad un controllo metodico dello stato conservativo.

Nella parte absidale della chiesa si è proceduto al restauro di gran parte delle pareti, grazie alla pulitura dei colonnini alla base delle grandi trifore e al ripristino degli intonaci di tamponatura; inoltre, grazie alla rimozione della vecchia sagrestia addossata alla parete nord-est, sostituita oggi da una nuova struttura ad armadio staccata dal muro, sono tornate visibili alcune porzioni degli affreschi raffiguranti San Domenico e San Francesco, sulle quali è stato necessario intervenire con un restauro.

Sempre nella zona absidale sono stati poi restaurati tutti i basamenti dei sei pilastri delle campate che risultavano alquanto sporchi a causa di consistenti macchie e tracce di materiali cerosi, stratificatisi nel corso del tempo. Un recupero significativo è stato quello delle pitture delle facce di tre pilastri, raffiguranti San Giovanni Evangelista, San Barnaba e San Pietro, posizionati nelle campate nord-est e sud-est, il cui stato conservativo risultava alquanto degradato a causa di gravi distacchi degli intonaci, sollevamenti e disgregazione della pellicola pittorica.

L’intervento di pulitura, e di ritocco pittorico a velatura, e a neutro (laddove non era possibile integrare la pittura), ha restituito unitarietà al ciclo pittorico, in particolare al brano con la figura di san Barnaba. È stata infine condotta una integrale campagna di monitoraggio e manutenzione delle volte: già cinque anni fa tutti gli affreschi del soffitto furono monitorati per valutarne lo stato conservativo e in quell’occasione si intervenne con numerose iniezioni di malta premiscelata per far riaderire gli strati di intonaco fra loro e alla struttura muraria. Il nuovo intervento ha potuto avvalersi della precedente mappatura per rivalutare lo stato di degrado e la presenza di nuovi distacchi, confermando quanto siano importanti i monitoraggi periodici e gli interventi di manutenzione nell’ambito dei beni culturali.

Durante lo svolgimento dei lavori al primo piano del Museo, grazie all’apposita predisposizione di una serie di aree di cantiere, è stato invece possibile intraprendere alcuni interventi di restauro e manutenzione straordinaria di alcuni celebri capolavori qui conservati. La statua del Sant’Eligio di Nanni di Banco, precedentemente restaurata nel 1989, è stata oggetto di una manutenzione straordinaria da parte di Gabriella Tonini, che ha condotto una puntuale ed attenta rifinitura della pulitura della superficie lapidea, resa notevolmente disomogenea per la presenza di aloni scuri dovuti ad antichi trattamenti superficiali, e ai residui dell’antica “bronzatura” che ha interessato in passato tutte le statue. Grazie all’utilizzo della tecnologia a laser sono stati rimossi i residui della patinatura bronzea sulla mitria e tra i riccioli della barba e dei capelli, valorizzando le tracce di doratura, ancora visibili a occhio nudo.

Nell’ambito della convenzione di partenariato pubblico stipulata nel 2023, tra i Musei del Bargello e l’Opificio delle Pietre Dure per il monitoraggio dello stato conservativo e delle operazioni di disallestimento delle statue in occasione dei lavori del museo di Orsanmichele, si è proceduto alla manutenzione del San Matteo di Lorenzo Ghiberti. L’intervento è stato sapientemente condotto dalle restauratrici del Settore Bronzi e Armi Antiche (Stefania Agnoletti, Maria Baruffetti, Annalena Brini e Elisa Pucci), in un cantiere didattico che ha visto coinvolti anche gli allievi del quarto anno della Scuola di Alta Formazione Studio (PFP4-Corso n. 31).

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Precedentemente restaurato dall’Opificio nel 2005, il monumentale bronzo del Ghiberti è ora stato sottoposto ad attività manutentive inerenti a una revisione della pulitura e della protezione delle superfici di lega di rame e l’inibizione dei cloruri. Si evidenzia come particolarmente rilevante il recupero delle lettere capitali del libro e della sclera degli occhi, il cui decoro ad agemina è tornato perfettamente leggibile grazie all’utilizzo della metodologia laser.

A distanza di due decenni dal restauro del 2000-2001, si è resa poi necessaria una revisione conservativa dei due bronzi di Santo Stefano di Ghiberti e del San Giovanni Evangelista di Baccio da Montelupo a cura di Nicola Salvioli. È stata condotta una pulitura generalizzata per rimuovere i vecchi protettivi, ormai alterati al punto da non assolvere più completamente alla loro funzione e che, in particolare in certe zone, offuscavano la piena leggibilità della scultura. È seguito un attento e mirato controllo dei focolai di corrosione attiva sulla superficie, maggiormente localizzati nelle zone più nascoste del modellato, e una loro conseguente rimozione. Particolare cura è stata dedicata ad attenuare la cromia di certe vecchie patinature di tonalità violacea usate in passato per accordare la superficie, ma che non era conveniente rimuovere.

In previsione del riposizionamento dei Quattro Santi Coronati di Nanni di Banco si è infine deciso di restaurare l’antico frontone in marmo di Portovenere, rimasto fratturato in tre parti in seguito al trasferimento dell’opera dal tabernacolo al museo nel 2001. Una volta ricollocato il gruppo scultoreo sul nuovo basamento, si è inoltre proceduto a nascondere gli spazi vuoti fra i tre blocchi di marmo, ricomponendo il piano di appoggio delle quattro figure, originariamente colmato in nicchia da una colata di malta.

Le parti mancanti sono state ricostruite in resina grazie ad un elaborato progetto di Mattia Mercante, che ha acquisito i dati preliminari alla stampa tramite la tecnologia della scansione 3D. Appositi supporti per la messa in sicurezza di una serie sculture sono stati realizzati dalla Fucina Ervas, in collaborazione con i progettisti, tenendo conto di specifiche esigenze di movimentazione e di allestimento, grazie ad un avanzato sistema di elementi regolabili e di attacchi.

Il Complesso di Orsanmichele: una singolare storia

Nel IX secolo, in quest’area si trovava un oratorio dedicato a San Michele circondato da un giardino, da cui il nome San Michele in Orto o Orsanmichele. Dopo essere stato a lungo un convento benedettino, all’inizio del Duecento diviene la sede cittadina del mercato del grano. Nel 1284, Arnolfo di Cambio vi costruisce una grande loggia adibita al commercio, che si arricchisce d’importanza nel 1290, quando al suo interno viene affrescata un’immagine della Madonna.

La cosiddetta “Vergine del Grano” si rivela foriera di miracoli e presto si costituisce una confraternita che ne diffonde il culto. Da quel momento inizia la doppia vita di Orsanmichele: luogo di commercio e di preghiera. A causa di un incendio, all’inizio del 1300, la struttura viene restaurata e ripensata, ma sempre tenendo conto della doppia funzione. È il 1337 quando si avvia il nuovo cantiere in cui prende forma la meravigliosa struttura che ancora oggi possiamo ammirare.

Una delle caratteristiche che ha reso immortale la bellezza di Orsanmichele è la presenza delle 14 nicchie sulle sue facciate, ciascuna “abitata” dalla statua di uno o più santi. Le nicchie, volute dalle Arti fiorentine si popolano negli anni di capolavori firmati da più importanti artisti del Quattrocento fiorentino; un ciclo di opere che, da solo, racconta un passaggio epocale nella storia dell’arte: dalla scultura tardo gotica a quella rinascimentale.

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All’interno della chiesa, un altro grande artista, Andrea di Cione detto l’Orcagna, dà vita ad un maestoso tabernacolo. Un’architettura imponente che, come uno scrigno prezioso, racchiude la Madonna delle Grazie dipinta da Bernardo Daddi. Orsanmichele, che nel XV secolo assumerà la sua definitiva struttura, resta nodale anche per la Signoria Medicea.

Nel 1569 Cosimo I trasforma i piani superiori in un archivio. È in questa occasione che Bernardo Buontalenti progetta l’arco esterno munito di scala, per l’ingresso diretto all’archivio: struttura che dà al monumento la sua forma definitiva.

Nel corso dei secoli Orsanmichele vede scorrere sotto la sua facciata la storia della città: dalla Signoria al Granducato, fino alla Repubblica italiana, passando per gli anni duri del fascismo e della guerra: un momento, quest’ultimo, molto delicato. Si temono i bombardamenti e le statue vengono spostate dalle nicchie in un luogo sicuro, per poi tornare ai loro posti una volta terminato il conflitto.

Nel frattempo, il salone al primo piano diventa la sede dove dare pubblica lettura della Divina Commedia, a cura della Società Dantesca Italiana. E negli anni ’60, in occasione del settimo centenario dalla nascita del Sommo Poeta, arriva il momento di nuovi e strutturali lavori che prevedono, tra le altre cose, la costruzione di una moderna scala di collegamento tra il primo e il secondo piano progettata dallo studio Archizoom.

Il secondo piano, parte del percorso museale, offre una splendida vista su Firenze ed ospita da decenni le statuine che un tempo ornavano la sommità delle colonne delle trifore esterne. Negli anni 80, per i rischi derivanti dall’inquinamento, le grandi statue vengono tolte dalle nicchie, restaurate, sostituite da copie e trasferite al primo piano del palazzo nella grande sala espositiva che, allestita secondo il progetto di Paola Grifoni, diviene il museo delle sculture di Orsanmichele, aperto al pubblico per la prima volta nel 1996.

Nel 2005 la chiesa e il museo vengono affidati per decreto ministeriale alla gestione della Soprintendenza per il Polo Museale Fiorentino. Dal 2015, a seguito della riforma dei musei autonomi, il Complesso di Orsanmichele fa parte dei Musei del Bargello.

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