Alzheimer: Sant’Anna e Careggi, nuovo modello per diagnosi precoce

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Si può prevedere l’Alzheimer? E limitarne gli effetti devastanti? Lo studio coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, ha sviluppato un nuovo metodo per ottenere la diagnosi precoce. Come? Combinando l’elettroencefalogramma e i modelli matematici.

La pubblicazione, uscita sulla rivista ‘Alzheimer’s & Dementia: Diagnosis, Assessment & Disease Monitoring (DADM)’, ha l’obiettivo di risolvere una delle sfide a cui e’ chiamata la scienza: trovare una diagnosi precoce del morbo di Alzheimer, che solo in Italia affligge circa 600mila persone.

La diagnosi arriva spesso solo quando i sintomi sono evidenti, anche perchè gli attuali sistemi diagnostici sono costosi in termini di tempo e di risorse. Il nuovo metodo, sviluppato grazie ai finanziamenti del progetto PREVIEW della Regione Toscana coordinato dall’AOU Careggi e del progetto PNRR Mnesys, puo’ invece aiutare a formulare una diagnosi precoce basandosi solo sull’elettroencefalogramma.

"Abbiamo analizzato l’elettroencefalogramma di oltre 100 pazienti affetti da fasi prodromiche della malattia, quindi prima dell’insorgere dei sintomi" spiega Lorenzo Gaetano Amato, studente PhD dell’Istituto di BioRobotica e primo autore dello studio. "E basandoci su questa analisi abbiamo sviluppato un modello matematico in grado di simulare quello che avviene nel cervello dei pazienti".

Risolvendo le equazioni che descrivono l’evoluzione della malattia nel tempo, il modello matematico genera un elettroencefalogramma virtuale che i ricercatori hanno confrontato con i dati reali per determinare il grado di avanzamento della malattia di ogni paziente.

"Il modello ci ha permesso di identificare la malattia prima dell’insorgenza dei sintomi, il tutto con un semplice esame non invasivo" continua Lorenzo Gaetano Amato. "Questi risultati sono molto importanti" sottolinea la Dr.ssa Valentina Bessi, neurologa presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi e coordinatrice del progetto PREVIEW "perche’ individuare le forme di malattia di Alzheimer in uno stadio molto precoce, anche nelle fasi minimamente sintomatiche, rappresenta un target ideale per le future terapie in grado di cambiare il decorso della malattia".

"Siamo ormai in grado di sviluppare non solo modelli matematici del cervello medio (che non esiste) – spiega Alberto Mazzoni, ricercatore presso l’Istituto di Biorobotica e responsabile dello studio – ma modelli personalizzati dei cervelli individuali dei vari pazienti. Questi modelli personalizzati sono utili nella diagnosi delle malattie, come mostra questo lavoro, e presto saranno utili anche per lo sviluppo di terapie che si adattino alle diverse esigenze di ogni paziente".

La speranza? Che i ricercatori riescano a vedere nella giusta direzione. E che al di là delle pubblicazioni si riesca a intervenire concretamente su persone che,da un certo momento in poi, perdono quello che una volta si chiamava "il ben dell’intelletto", cioè non siano più loro. Come le abbiamo conosciute e stimate.

Sandro Bennucci

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