Intervista ad Alberto Marini, Direttore Confesercenti Firenze. ‘Dopo la legge di Riforma, le sfide delle Camere di Commercio’

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Alberto MariniDirettore Marini, a che punto siamo con la Riforma della Camere di Commercio?

A fine agosto il Governo ha approvato il decreto legislativo che attua la delega della legge 124/2015, e introduce importanti novità su principi, funzioni, modelli organizzativi e governance delle Camere di Commercio.

Tale Riforma merita attenzione perché può costituire una leva per le imprese e contribuire alla crescita; oppure, al contrario, può rappresentare l’ennesima occasione mancata.

Si prevedono molte funzioni ed una riduzione drastica delle risorse disponibili. Dal prossimo 1 gennaio 2017, infatti, il contributo camerale a carico delle imprese vedrà la messa a regime della riduzione del 50%, determinando, ad esempio per la Camera di Commercio di Firenze, un minor gettito di quasi 16 milioni di euro su un totale di 32 milioni di euro.

Il rovescio della medaglia evidenzia che tale somma resta annualmente nelle “tasche” delle imprese del territorio.

Su quali linee di indirizzo principali si svilupperà la Riforma?

La Riforma punterà agli accorpamenti fra Camere di Commercio che non raggiungono le 75.000 imprese iscritte, con l’obiettivo di avere 60 Camere a livello nazionale; si ridurrà il numero dei consigli e delle giunte e si elimineranno i relativi oneri. Diminuirà, anche, l’autonomia funzionale per una forte dipendenza dal Ministero dello Sviluppo Economico. Si introdurranno i costi standard. L’adesione alle unioni regionali sarà facoltativa, se concordano almeno tre Camere per ogni regione. Si accorperanno, inoltre, le aziende speciali.

Non sono previsti tagli per i dipendenti pubblici, mentre giuridicamente diventano possibili interventi su unioni regionali e aziende speciali. Verrà, però, introdotto il blocco delle assunzioni. Si restringerà il campo dell’acquisto e detenzione delle partecipazioni solo a quelle strategiche.

A seguito di tutti questi cambiamenti, quale sarà il “nuovo” ruolo delle camere? E di cosa si dovranno occupare?

L’asset più importante è il registro delle imprese. Il decreto, su questo tema, non ha saputo cogliere l’occasione di un atto coraggioso; infatti la realtà tecnologica di Infocamere, riconosciuta come best practice europea del settore, andrebbe collegata con enti istituzionali come magistratura ordinaria e tributaria, fisco e previdenza.

Importante sarà l’obbligo di coordinamento con i tribunali delle imprese, ciò potrebbe consentire al sistema camerale di riproporsi nel ruolo di mediazione e arbitrato; candidandosi, così, come alternativa efficiente alle lentezze dei processi civili, e rappresentando una risorsa per le imprese.

La riforma, in sintesi, vede il sistema camerale attore nei seguenti settori: digitalizzazione, fascicolo unico delle imprese, occupazione e formazione anche con alternanza scuola-lavoro. Inoltre, le Camere avranno un ruolo nel settore turismo (per questo importante comparto economico occorrerà vedere l’esito del referendum costituzionale, che prevede un accentramento delle competenze a “scapito” delle regioni, alla luce del quale va evitata confusione. Il turismo ha, infatti, necessità di una chiara regia nazionale e di strumenti e politiche locali coerenti), nell’internazionalizzazione in collegamento con l’ICE.

Tra le altre “nuove” funzioni che andranno a svolgere le Camere di Commercio, quali le più rilevanti?

Le “nuove” Camere di Commercio si dovranno occupare della tutela del consumatore e della fede pubblica: vigilanza e controllo della sicurezza e conformità dei prodotti, metrologia legale, rilevazione tempi e tariffe, rilascio certificati d’origine delle merci e documenti per l’esportazione. Inoltre attuare azioni a sostegno della competitività delle imprese, tramite informazione economica e assistenza tecnica alla creazione di start up. Sarà interessante il fronte dell’employability giovanile, su cui le Camere potranno giocarsi un ruolo importante ed utile, diventando una sorta di player non solo economico, ma anche culturale e sociale, erogando “educazione all’impresa”.

L’iter che porterà al processo di riforma delle Camere di Commercio sembra, però, ancora lungo.

L’iter, per il compimento e l’attuazione della Riforma, è ancora complesso; prevede pareri (conferenza unificata, consiglio di stato, commissioni parlamentari), passaggi nelle aule del Parlamento, eventuali decreti correttivi; e, durante questo processo, la presentazione da parte di Unioncamere della proposta di riorganizzazione del sistema.

Dunque un percorso che avrà anche numerose proposte di correttivi in quanto la Riforma ha suscitato forti criticità, sia da parte del sistema che della rappresentanza datoriale; ciò è stato voluto dal legislatore per scardinare un mondo autoreferenziale.

Diminuiranno, anche, le risorse erogate per le imprese?

Come ho già sostenuto all’inizio, diminuiranno le risorse camerali (molti compiti ma meno risorse); si determinerà una situazione per la quale il 50% del diritto camerale coprirà appena costi di struttura e personale, e non rimarranno risorse per il sostegno all’economia locale, in particolare per la piccola e micro impresa.

Se così fosse le Camere non servono! Non serve avere un ente che copre i costi, peraltro non di mercato, per non erogare servizi utili.

In conclusione, quali scenari possibili per la Riforma Camerale?

Se la Riforma voleva chiudere con la legge 580 che negli anni ’90 inaugurò la fase di governance camerale da parte delle rappresentanze delle imprese, ha scelto la strada peggiore; determinando sopravvivenza e poca utilità di sistema. Se, invece, si punta al rilancio, occorre intervenire con correttivi che ridiano ruolo di soggetto trainante dell’economia locale soprattutto in favore delle micro e piccole imprese, liberando risorse con regole più stringenti sul fronte dei costi di sistema.

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