Firenze e Empoli, aziende apri e chiudi: 47 indagati, sequestrati 30 milioni di euro

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Dopo l’indagine della Guardia di Finanza di Firenze, la Procura della Repubblica, nell’ambito delle azioni per il contrasto del fenomeno delle imprese “apri e chiudi”, ha dato esecuzione a 3 ordinanze di applicazione delle misure cautelari personali e patrimoniali nei confronti di altrettante associazioni a delinquere finalizzate alla commissione di reati tributari (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), fallimentari (bancarotta fraudolenta) e in materia di disciplina dell’immigrazione (produzione documenti falsi ai fini del rinnovo dei permessi di soggiorno e favoreggiamento della regolarizzazione di soggetti presenti illegalmente sul territorio nazionale).

I provvedimenti cautelari riguardano 47 persone, tra consulenti fiscali e imprenditori del distretto economico fiorentino-empolese, e il sequestro preventivo di beni per oltre 30 milioni di euro.

AGGIORNAMENTO DELLE 14,10

L’aggiornamento alla notizia dell’inchiesta della Guardia di Finanza è arrivato con la conferenza stampa della Procura di Firenze. Che ha emesso provvedimenti cautelari nei confronti di 47 indagati, tra consulenti fiscali, imprenditori e lavoratori del distretto economico fiorentino-empolese, con il sequestro preventivo di beni per oltre 30 milioni di euro.

I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza hanno eseguito tre ordinanze di applicazione delle misure cautelari personali e patrimoniali nei confronti di altrettante associazioni a delinquere per reati tributari (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), reati fallimentari (bancarotta fraudolenta) e, in due casi, in materia di disciplina dell’immigrazione (produzione documenti falsi ai fini del rinnovo dei permessi di soggiorno e favoreggiamento della regolarizzazione di soggetti presenti illegalmente sul territorio nazionale). Delle 47 misure cautelari disposte dal gip del Tribunale di Firenze, 33 sono ordinanze agli arresti domiciliari, 13 obblighi di dimora e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e sono a carico di 4 consulenti fiscali, 8 loro dipendenti e 35 imprenditori di nazionalità cinese che operano nel distretto del tessile/abbigliamento fiorentino-empolese.

La Procura diretta dal procuratore Filippo Spiezia, in una nota, precisa che “il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e/o per equivalente di beni, nella disponibilità degli indagati, per oltre 30 milioni di euro è relativo al provento derivante dalla presunta commissione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte”. Sono inoltre state eseguite operazioni di perquisizione presso studi professionali e aziende condotte da cittadini cinesi.

Secondo l’accusa, i 4 professionisti indagati avrebbero gestito in via associata un’attività consulenziale “consapevole degli illeciti compiuti da innumerevoli imprese ricondotte a soggetti di etnia cinese, contestualmente destinatari di misure restrittive in quanto considerati i titolari ‘di fatto’ delle aziende, perlopiù operanti nel settore della produzione di articoli di abbigliamento e calzature che, attraverso il meccanismo ‘apri e chiudi’, si sottraevano sistematicamente e su ampia scala al pagamento delle imposte”. L’attività investigativa ha consentito alla Procura “di promuovere istanza di fallimento nei confronti di 20 imprese” e “sono complessivamente 288 soggetti cinesi, titolari formali (253) e di fatto (35) delle 284 ditte individuali e 4 società a responsabilità limitata unipersonale coinvolte.

Ulteriori accertamenti hanno, inoltre, consentito di rilevare, “in capo ai consulenti fiscali in concorso con 5 imprenditori, fattispecie criminose previste e punite dal Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, avendo gli stessi favorito l’ingresso in Italia di 3 immigrati clandestini e prodotto documentazione falsa tesa al rinnovo del permesso di soggiorno in favore di 72 cittadini cinesi”.

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Il sistema smantellato dalla Guardia di Finanza era perpetrato nel tempo attraverso due direttrici: apertura e chiusura di numerose imprese che si susseguivano l’una all’altra; avvio, sin dall’inizio, di più imprese operanti nel medesimo settore e riconducibili alla gestione di fatto dello stesso imprenditore. In tale contesto, mentre l’Erario perdeva la possibilità concreta di far valere i propri crediti nei confronti delle “teste di legno”, spesso irreperibili o comunque nullatenenti, i reali imprenditori proseguivano la propria attività produttiva, evitando di sostenere i costi relativi alle imposte e massimizzando conseguentemente i profitti.

La realizzazione del meccanismo fraudolento, spiega sempre la nota della Procura, “era resa possibile grazie al fondamentale apporto tecnico di consulenti fiscali e/o del lavoro, i quali, attratti dal ritorno economico derivante dall’elevatissimo numero di clienti cinesi, garantivano una costante assistenza agli stessi nella piena consapevolezza dell’esposizione debitoria delle imprese, suggerendo i percorsi da seguire per attuare la chiusura e l’apertura delle ditte e curando, a tal fine, la predisposizione dei necessari atti e/o documenti fiscali e le nuove fittizie assunzioni”.

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