E’ morto Shimon Peres, ex premier israeliano, artefice degli storici accordi di Oslo con il leader palestinese Arafat

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Shimon PeresE’ morto all’età di 93 anni l’ex premier israeliano Shimon Peres. Nato nel 1923 come Szymon Perski in una cittadina della Polonia oggi in Bielorussia, è stato protagonista della parabola di Israele da quando nel 1947 David Ben Gurion lo sceglie come responsabile degli acquisti di armi dell’Haganà – da cui nascono l’anno seguente le forze armate israeliane – nominandolo nel 1953 direttore generale del ministero della Difesa. Peres ha 30 anni e in 36 mesi mette a segno il risultato che segna la vita dello Stato: la costruzione del reattore nucleare di Dimona, genesi dell’arsenale atomico.

Da ”falco” laburista seguì Ben Gurion: prima all’opposizione e poi, nel 1967, nel governo di unità nazionale. Nella Guerra dei sei giorni avrebbe potuto essere ministro della Difesa: ma l”incarico fu affidato a Moshe Dayan. Sette anni dopo, a seguito della cruenta guerra del Kippur, Dayan e la premier Golda Meir furono defenestrati da proteste popolari. Per Peres, un nuovo appuntamento con la Storia. Ma qualcuno si ricordò che a Washington c’era il brillante ambasciatore Yitzhak Rabin, che acquisì così la leadership laburista.

Ma Peres ha segnato la politica di israele soprattutto nel 1993, quando a Oslo concluse gli storici accordi con Yasser Arafat. Nelle vesti di ministro degli Esteri è lui che gestisce il negoziato segreto con l’Olp, spinge il premier Yitzhak Rabin a superare i dubbi e accompagna gli israeliani ad accettare la formula dei «due Stati per due popoli». La svolta di Oslo va ben oltre l’accordo con Arafat perché porta, nell’arco di 20 anni, la destra israeliana del Likud ad accettare – prima con Benjamin Netanyahu e poi con Ariel Sharon – la formula dei due Stati che aveva sempre respinto.

Solo nel 2007, Peres divenne presidente e riconosciuto come icona di Israele nel mondo. Aveva iniziato la carriera aiutando i coloni: ma con gli accordi di Oslo era diventato il principale fautore di un accordo di pace con i palestinesi. La ”coabitazione” con il premier Netanyahu è stata per lui spesso motivo di cruccio, alla luce delle profonde divergenze. Ma in Israele era ormai diventato un punto di riferimento obbligato: non solo i capi di Stato, ma anche i leader religiosi, gli intellettuali, gli scienziati e gli artisti di passaggio da Gerusalemme non perdevano mai occasione per un incontro con lui da cui in genere emergevano ancora più colmi di considerazione per la sua figura. “Voglio – disse in una delle ultime interviste – che il nostro Paese si basi sì su radici storiche molto profonde, ma anche che sia proiettato verso il futuro, verso i successi della scienza”.

 

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