Fiorentino detenuto a Cuba: “Condannato per omicidio, ma ero a Firenze”

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Ha scritto una lettera-appello alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, pubblicata su La Nazione. Protagonista un fiorentino 56enne, Simone Pini, detenuto a Cuba dal 2010.

"Sono condannato – scrive – per un omicidio, ma non ero sull’isola in quel momento e ora ho le prove". Detenuto a La Condesa, condannato a 25 anni per la morte di una 12enne, insieme ad altri due italiani, in conseguenza di un incontro a luci rosse, ma sin dal suo arresto, avvenuto il 30 giugno del 2010, lui si è sempre professato estraneo a quelle accuse.

"Oggi ho 56 anni – scrive -, ho così trascorso fino a oggi 14 anni e due mesi scomparso dentro un campo di concentramento cubano con delle false infamanti accuse di un assassinio inventato dalle autorità cubane, fatto accaduto in una data dove mi trovavo a Firenze, in Italia, con la mia famiglia natale".

"Adesso – continua – quelle prove le ho in mano anche io", spiega ancora nella lettera perché grazie a una riforma della Costituzione cubana, entrata in vigore nel 2022, ogni cittadino ha diritto ad accedere ai propri dati personali. Pini è entrato in possesso dei propri flussi migratori che certificano che, il giorno dell’omicidio, era in Italia e non a Cuba, dove sbarcò, invece, 11 giorni dopo. Dati che Pini ha consegnato anche all’ambasciata italiana. Una prova che invece, al processo, non era mai riuscito a produrre.

Pini chiede l’intervento di Meloni per poter far rientro in Italia. "A Cuba – sottolinea – esiste una legge per detenuti stranieri non residenti che prevede la loro libertà condizionale e la loro espulsione dal territorio cubano al compimento della metà della loro pena quando il reo ha i requisiti del buon comportamento. Detto beneficio ci è stato negato più volte".

Nel maggio 2010 a Bayamo, nel sud dell’isola, morì una 12enne. La ragazzina soffriva di una grave forma d’asma, nel corso di una festa con adulti italiani e cubani, dove girava anche droga, si sentì male. Ma anziché venir soccorsa, venne caricata in un’auto e abbandonata in un campo, dove venne trovata giorni dopo, priva di vita.

Dopo qualche settimana, la polizia fece una retata: oltre ad alcuni cubani, finirono dentro tre italiani: Pini, il veneto Luigi Sartorio e l’emiliano Angelo Malavasi. È l’inizio di un incubo, che solo per Sartorio oggi si è concluso: estradato anni fa per gravi problemi di salute, adesso è libero grazie all’affidamento in prova. Gli altri due detenuti, che ormai hanno passato ben oltre della metà della loro pena nel penitenziario cubano, avrebbero diritto, secondo la legge di Cuba, a scontarla in Italia. Per questo Pini invoca l’aiuto della premier.

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