Pensioni, reversibilità: contrordine, il governo non attua nessuna ulteriore restrizione

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Nessun cambiamento sulla tipologia di redditi da dichiarare ai fini del calcolo della reversibilità. Lo ha precisato il 5 ottobre durante il question time alla Camera il ministro del Lavoro Giuliano Poletti in risposta a un’interrogazione sollevata dalla Lega Nord. La questione risale allo scorso mese di settembre quando alcuni quotidiani hanno sottolineato un errore contenuto all’interno della circolare INPS n. 195 del 30 novembre 2015, con la quale l’istituto ha riepilogato i redditi rilevanti per l’accesso o la determinazione della misura delle prestazioni previdenziali ed assistenziali connesse al reddito del beneficiario. In tale occasione, in riferimento alle prestazioni ai superstiti, l’allegato 1 alla Circolare aveva incluso anche gli interessi bancari, postali, i titoli di Stato, ed in generale i proventi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta o a imposta sostitutiva dell’Irpef. Somme invece che, secondo la legge, non devono essere prese in considerazione ai fini del calcolo della quota di reversibilità al superstite. Oltre al comunicato stampa dell’Istituto dello scorso 28 Settembre in cui ammetteva il refuso, la conferma che si è trattato di un errore è arrivata dallo stesso ministro Poletti.

“La circolare – ha detto il Ministro – non ha indotto alcuna modifica nel calcolo dell’importo della pensione di reversibilità, disciplinato dalla legge n. 335 del 1995. La circolare infatti specifica alla tabella 1, rilevanza 11, l’applicazione alle pensioni di reversibilità dell’articolo 1, comma 41, della legge citata, in base al quale ai fini del calcolo si tiene conto unicamente dei redditi del titolare assoggettabili ad Irpef, tra cui non rientrano, a titolo di esempio, gli interessi bancari, postali, i titoli di Stato, ed in generale i proventi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta o a imposta sostitutiva dell’Irpef. Il refuso era in realtà contenuto all’allegato 1 alla circolare, ma non ha mai influito sull’erogazione delle pensioni di reversibilità ai superstiti. Come precisato con un comunicato stampa del 28 settembre, le procedure informatiche seguite dall’Istituto, infatti, hanno sempre correttamente applicato le disposizioni di legge” ha concluso Poletti.

Sta di fatto però che l’Istituto è (quasi) subito corso ai ripari ed ha corretto con il messaggio 4023/2016 l’allegato alla circolare 195. Il che vuol dire che si è riconosciuto non solo l’errore, ma anche il fatto che molti pensionati erano stati “terrorizzati” dalle false indicazioni.

Ma vediamo come funziona il meccanismo di riduzione della pensione così come spiegato dal sito pensionioggi.it, da cui abbiamo ripreso anche la tabella soprastante.

Il meccanismo di riduzione della pensione: il reddito del superstite
Il reddito del superstite è importante per determinare l’eventuale riduzione della pensione spettante al coniuge superstite. Sia la pensione di reversibilità che la pensione indiretta sono di regola fissate un importo pari al 60% della pensione percepita dal defunto ma in presenza di redditi personali superiori a tre volte il trattamento minimo Inps la quota di prestazione erogata nei confronti del coniuge si riduce di una percentuale tanto più elevata quanto maggiore è il reddito.

Soglie – Le soglie di riduzione sono fissate dall’articolo 1, comma 41 della legge Dini (legge 335/1995) e prevedono una riduzione del 25, del 40 e del 50% della prestazione qualora il reddito del superstite splafoni rispettivamente tre, quattro o cinque volte il trattamento minimo inps previsto per l’anno in corso moltiplicato per tredici mensilità. Quest’anno quindi la soglia limite per non subire alcuna riduzione dell’importo della pensione è pari a 19.573 euro; nel caso in cui il coniuge del defunto consegua un reddito annuo superiore a tale soglia subirà una riduzione della prestazione spettante pari al 25%. Il taglio sale al 40% nel caso il reddito sia ricompreso tra la predetta soglia e i 26.098 euro ed arriva al 50% laddove il reddito del coniuge sia superiore a 32.622 euro annui (cioè oltre 5 volte il trattamento minimo inps). I limiti di cumulabilità previsti dalla legge 335/1995 trovano applicazione nei casi di pensione spettante al solo coniuge, ai genitori ovvero a fratelli e sorelle (circostanze queste ultime due abbastanza remote); non trovano invece applicazione nei casi in cui siano titolari della pensione figli, minori, studenti o inabili ancorché in concorso con il coniuge. In tal caso l’ordinamento garantisce la possibilità di cumulare interamente la pensione con i redditi.

Magra consolazione per i coniugi superstiti: almeno per ora né il Governo né il funambolico professor Tito Boeri hanno intenzione di accanirsi ulteriormente sulle pensioni di reversibilità. Temiamo però che questa situazione non sia destinata a durare a lungo, visto che Renzi, ottenuta la flessibilità dall’Ue, avrà mano libera per aumentare ancor di più il deficit pubblico e dovrà per forza mettere le mani nelle tasche degli italiani per far quadrare i conti e evitare anche per il futuro lo scatto delle clausole di salvaguardia europee.

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