La revisione degli stipendi degli amministratori, dirigenti e dipendenti delle società partecipate costituisce il prossimo passo della riforma Madia, che imporrà la riduzione del compenso di molti manager delle aziende sotto una certa soglia di fatturato fino a una cifra inferiore a 100 mila euro lordi all’anno. Ridotta di oltre la metà rispetto al tetto massimo fissato per legge, ovvero 240 mila euro, la cifra che percepisce il primo presidente della Corte di Cassazione.
Il ministero dell’Economia sta riscrivendo la tabella con i tetti stipendiali di coloro che lavorano nelle aziende partecipate da Stato ed enti territoriali. La riforma Madia contiene una scadenza per la definizione del decreto taglia-stipendi: dall’entrata in vigore del Testo Unico, ossia il 23 agosto, possono al massimo passare due mesi. La scadenza quindi è il prossimo 23 ottobre ma non è escluso, riferiscono dal Tesoro, che ci possa volere qualche giorno in più per chiudere il provvedimento che poi sarà inviato al Parlamento e alla Conferenza unificata per i pareri.
La revisione delle fasce stipendiali dovrebbe allargare il numero di soglie con cui saranno classificate le diverse aziende pubbliche: si passerà da tre a cinque. Le nuove fasce serviranno a differenziare le società attraverso alcuni «indicatori quantitativi», ossia fatturato, investimenti e numero di dipendenti. A ogni scaglione corrisponderà un limite entro cui fissare la busta paga a seconda del tipo di società. Il decreto infatti, prevedendo taglie di società dalla extra-large alla extra-small si potrebbe dire, associerà a ciascuna un massimo retributivo. Oggi le tipologie sono tre e l’ultima prevede come compenso ”top” 120 mila euro, dal momento che si aggiungono altre fasce l’importo non potrà che scendere.
Nella prima fascia saranno collocate le aziende più grandi, che potranno assegnare ai manager 240 mila euro. Mentre per le società con dimensioni più ridotte i compensi scenderanno (dall’8O% al 40%). Con i nuovi scaglioni l’asticella delle retribuzioni scenderà progressivamente fino a giungere probabilmente sotto i 100 mila euro per l’ultima fascia (96-95 mila euro).
E’ ancora prematuro prevedere gli effetti economici che un tale ridimensionamento degli stipendi comporterà. è impresa complicata. Stando all’ultima indagine della spending review di Carlo Cottarelli, ormai passata nel dimenticatoio, i posti di amministratore nelle società pubbliche sono 37.000, occupati da 26.500 soggetti (molti hanno doppio incarico) che ricevono indennità pari a 400 milioni di euro l’anno. La riforma punta a ridurre le partecipate da 8.000 a 1.000 e i dirigenti, dopo questo taglio, falcidiati a soli 6.000.