Anche gli agenti della polizia di Stato, a quel tempo militari a tutti gli effetti, furono angeli del fango, il 4 novembre 1966. Angeli impegnati a tutto campo, anche nel salvataggio di persone in pericolo, di famiglie prese in trappola dall’acqua dell’Arno, che aggredì Firenze e due terzi della Toscana con un’onda alta sei metri e una portata di 4100 metri cubi al secondo. Ecco la loro testimonianza.
POLIZIA STRADALE -Michele LATTANZIO . Sono nato a Bari nel 1930 . Venni assegnato come Guardia Aggiunta alla Sezione Polizia Stradale di Firenze il 26 luglio 47, proveniente dal CAPS di Cesena. Avevo già meritato un encomio nel ’56 per attività di soccorso alle popolazioni colpite da bufere di neve di quell’annata. Il comandante di Sezione era nel ‘66 il magg. Alessandro Castaldi, la nostra caserma si trovava in via Carissimi, angolo via Baracca. La notte del 3 mi trovavo di pattuglia in autostrada a bordo della Giulietta di servizio, ero effettivo al Distaccamento di Firenze nord . Ero stato comandato di turno 1/7 per servizio repressione contrabbando; scattò l’allarme via radio,ci dissero di portarci a Peretola che era allagata per soccorrere gli abitanti. Aggirammo l’autostrada passando da Sesto F.no.,rimanemmo inizialmente a far viabilità nella zona, che era diventata impraticabile. Poi lasciata l’autovettura, mi detti da fare assieme al collega di pattuglia per coadiuvare nei soccorsi i colleghi del Reparto Mobile arrivati nel frattempo. Salii su un loro barchino per portar via vecchi, donne e bambini dalle loro abitazioni, erano traumatizzati dalla paura e dal freddo. Ci impegnammo per ore e ore. Una parte di loro li accompagnammo alla caserma di Fi nord per essere rifocillati, acquistammo di tasca nostra generi di conforto al vicino Motel dell’autostrada. Bambini e donne dormirono nei nostri letti, in camerata. Nei giorni seguenti disimpegnai servizi di vigilanza, a scorte a convogli trasportanti merci di varia natura, alla consegna di medicinali, a posti controllo in città e in autostrada. Con i colleghi della Sezione presi parte anche a servizi congiunti con personale dell’ACI. Noi davamo loro ausilio, con le gru essi agganciavano i mezzi alluvionati che venivano poi trasportati alla Fortezza da Basso e alle Cascine ,furono migliaia tra auto, moto, mezzi pesanti.
REPARTO MOBILE -Giuseppe MAROTTA. Sono di origini salernitane, classe 1930. Mi arruolai nel ’59 e venni direttamente assegnato a Firenze, all’8° Reparto Mobile che poche settimane prima si era riunito tutto nella sede di Poggio Imperiale, dopo aver avuto il Comando in via Sercambi. Avevo l’incarico di autista all’Autodrappello, er ero abilitato a condurre ogni tipo di veicolo, anche la grossa pala meccanica. Alcuni mesi prima di quel tragico novembre il Ministero ci aveva assegnato quattro barconi che io stesso con il camion ero andato a prelevare a Piacenza. Li avevamo in seguito calati in Arno nella zona di Rovezzano per provarli. Verso le 23 del giorno 3 mi telefonò a casa il comandante maggiore Renato Barbè in persona , mi avvisò che era scattato l’allarme e mi ingiunse di rientrare immediatamente a Poggio Imperiale. Un collega venne a prendermi con una camionetta, giungemmo in caserma, il mio contingente era destinato a portar soccorso nella zona di Incisa. Si partì dopo aver caricato i quattro barconi in dotazione – che potevano portare fino a 14 persone – con motori fuoribordo. Ma non arrivammo all’interno dell’abitato di Incisa perché già nella campagna circostante dovemmo soccorrere varie persone rimaste bloccate nei casolari. Non senza fatica e tra molte difficoltà li prendevamo in barca,dovevamo superare le correnti visto il motore relativamente potente aiutandoci con lunghi pali, li portavamo all’asciutto ,quindi a bordo dei tigrotti si faceva la spola da Incisa a Firenze. E ciò durò tutta la notte , fino al pomeriggio del 4 quando facemmo rientro non a Poggio Imperiale, visto che la strada del Galluzzo era impraticabile, ma alla Fadini, ci cambiammo di divisa e ci dovemmo accontentare di un frugale pasto freddo. Ci recammo poi in zona Affrico , al ponte della ferrovia, per soccorrere altri residenti. Nelle prime ore del giorno 5 un gruppo di 35-40 di noi dovette soccorrere altri cittadini in zona v.le Redi-via Maragliano, di lì rientrammo alla caserma Fadini. Solo il giorno 6 si riuscì a bordo di un tigrotto ad attraversare la città e a salire fino a Poggio Imperiale. Dopo tre giorni feci finalmente rientro a casa, consolai mia moglie che era preoccupatissima, anche perché la nostra figlioletta di quattro mesi aveva la febbre. Al nostro Reparto quei giorni non si poteva alloggiare perchè le nostre camerate erano occupate dagli sfollati di S.Frediano, circa 300 persone, che si fermarono per una settimana, ospitati anche alla nostra mensa. Nei giorni a venire svolsi il mio incarico di autista nei servizi a cui ero comandato: turni di vigilanza alle banche e in azione antisciacallaggio, scorte a convogli , consegna viveri e medicinali .Sono rimasto al Reparto Mobile di Firenze fino al 1976, poi sono andato in Questura. Ho cessato il servizio per limiti di età nel ’95.