Hemingway e Fidel Castro: fra simpatie, complotti, storie di spie. E manovre della Cia

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fidel-castro-ed-ernst-hemingwaySarà cremato, Fidel Castro. E in quelle ceneri finiranno quasi sessant’anni di storia: non solo di Cuba ma del mondo intero. Una storia cominciata quando il Lìder Maxìmo si organizzava nella Sierra per sferrare l’attacco al regime di Fulgencio Batista, caduto il giorno di Capodanno del 1959. C’è un film, «Havana», diretto da Sydney Pollack e interpretato da Robert Redford e Lena Olin. Una trama romantica che ha sullo sfondo l’arrivo in città dei Barbudos di Fidel e del Che Guevara, la fuga dei fedelissimi di Batista che la Cia, invano, aveva cercato di proteggere attraverso i suoi armeggi. E il trionfo della Rivoluzione comunista. Che non cadrà nemmeno più tardi, quando gli americani verranno rispediti e battuti, con perdite e figuraccia mondiale, nella Baia dei Porci.

NOBEL – Perché parto dal film senza soffermarmi troppo sulla storia? Perché fra Fidel Castro, al di là dei proclami marxisti, ha sempre cercato di alimentare il suo mito come un romanzo. Arrivando a servirsi anche di Diego Armando Maradona (che andò nell’isola a cercare di disintossicarsi dalla droga) e perfino di Ernst Hemingway. Il premio Nobel per la letteratura, uno degli scrittori capaci di affascinarmi, per scorrevolezza e capacità di scrittura fin dall’infanzia («Addio alle armi» diventò prestissimo uno dei miei libri preferiti), aveva preso dimora nell’isola quando c’era ancora il dittatore Batista. Viveva nella bella villa Finca Vigia: era incantato dagli eroi e dalle vite avventurose e vide in Fidel l’incarnazione della sua visione fra il romantico e il sociale. Hemigway era giunto nel 1939 e vi soggiornò, a intervalli, per una quindicina d’anni. E’ sull’isola che completa «Per chi suona la campana» e da Cuba prende ispirazione, e scrive, «Il vecchio e il mare»: che gli valse prima il Pulitzer, eppoi (era il 1954) il premio Nobel.

FBI – Fidel e lo scrittore s’incontrarono. C’è la famosa foto che li ritrae insieme sul Pilar, barca attrezzata per la pesca d’altura che lo Hemigway governava assieme a Gregorio Fuentes, suo amico e capitano. Su quella barca presero corpo le pagine de «Il vecchio e il mare». Pagine che Hemigway chiosava con degli appunti a margine dove, per esempio, rivelava : «Oggi ho pescato, cacciato e fatto tre volte l’amore. Posso dire di aver vissuto una magnifica giornata!». La famosissima foto ritrae un signore anziano, coi capelli e la barba bianca, e uno più giovane, e scuro, che sorridono mostrando una bella preda: un pesce spada che sembra appena catturato. Dicono che quella foto sia stata costruita, che i due non andarono per nulla a pesca assieme, ma servì alla propaganda castrista per dire al mondo che il grande scrittore, un americano, stava dalla loro parte. O almeno era un simpatizzante. Certo è che quella foto procurò guai a Hemingway, da allora spiato dall’Fbi. Che aumentò la sorveglianza, fino a diventare, per il povero Ernst, una sorta di ossessione paranoica, come testimonia anche Fernanda Pivano, quando aumentarono i suoi malesseri fisici (in particolare una grave forma di diabete) e la sua depressione, al punto che, nel 1960, decise di abbandonare l’isola. In «Hemingway for Cuba», Giuseppe Recchia avanza teorie complottistiche, ma non mancherebbero legami stretti tra lo scrittore e l’Fbi in trame che finiscono per coinvolgere tutto e tutti: da Kennedy alla Mafia a Marylin Monroe. Con la Cia sempre pronta a intrupparsi. Non basta: un’altra mai dimostrata, ma probabilmente più veritiera lettura, è quella di Norberto Fuentes nel suo «Hemingway a Cuba»: parla di un incontro segreto tra Fidel Castro ed Hemingway, in un grande Hotel dell’Avana, dove si dice che si cercò di affidare incarichi di mediazione e spionaggio allo scrittore, che però rifiutò. Diventando ospite non più gradito e costretto ad andarsene.

FLORIDITA – Che cosa resta di Hemingway all’Avana? Un busto di bronzo, appoggiato al bancone del caffè Floridita, per la gioia delle foto dei turisti che vanno in quel locale anche per bersi un «papa doble», un doppio daiquiri senza zucchero, che piaceva tanto allo scrittore. Ecco, quel busto è diventato un simbolo dell’isola e un monumentino che vale un pellegrinaggio. Ancora più affascinante, da oggi in poi, per tutte le storie, vere o inventate, che vedono al centro Fidel e il vecchio Ernst e lasciano a margine vicende reali, e sicuramente più drammatiche, come il braccio di ferro fra Kennedy e Kruscev, con i missili puntati su Cuba, che portarono il mondo a un passo da un nuovo, e probabilmente catastrofico, conflitto mondiale. Il busto di bronzo e le ceneri di Castro chiudono un’epoca: di sogni, illusioni e anche menzogne. Cuba, sull’orlo del fallimento economico-finanziario, si risveglierà d’un colpo. Come la bella addormentata. Da sessant’anni.

(Sandro Bennucci)

 

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