Monte Paschi: la Germania apertamente ostile all’intervento dello Stato

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Quattro giorni per salvare la banca sul mercato. E’ il tempo rimasto a Mps che, con la settimana che si apre, si gioca il tutto per tutto per evitare l’intervento dello Stato: conversione dei bond subordinati, con l’obiettivo di portare a casa almeno un altro miliardo e mezzo, collocamento istituzionale, con il ruolo di anchor investor che si spera ancora il Qatar voglia ricoprire (con un investimento di circa un miliardo). E maxi-cartolarizzazione di 27,7 miliardi di sofferenze per la quale si attende ancora la firma di Atlante. Il rischio che l’operazione di mercato lanciata da Mps, con la conversione dei bond subordinati e l’aumento di capitale, possa fallire, anche solo parzialmente, è reale e non se lo nascondono né i vertici della banca senese, né il ministero del Tesoro e Palazzo Chigi. Si tratta di capire se il salvataggio della banca di Rocca Salimbeni possa passare solo per la soluzione privata o se, al contrario, sia indispensabile aprire l’ombrello pubblico.

Cosa che continua a suscitare polemiche in Europa. A Bruxelles non sono in pochi a storcere il naso su un eventuale intervento statale. A Berlino sono apertamente ostili. E il fatto che l’Italia sia politicamente debole dopo la caduta del governo di Matteo Renzi e il faticoso avvio dell’esecutivo di Paolo Gentiloni, non aiuta. Non è certo un caso che ieri sia intervenuto a gamba tesa uno stretto collaboratore di Angela Merkel. Christoph Schmidt, uno dei 5 saggi consiglieri economici della cancelliera tedesca non ha usato mezzi termini in un’intervista alla Westdeutsche Allgemaine Zeitung (Waz) riportata da Bloomberg: «Il salvataggio di Mps dovrebbe avvenire secondo le regole concordate, cioè i creditori della banca devono contribuire al soccorso, non il contribuente. «Se l’Italia non rispetta le regole alla prima grande prova, l’unione bancaria non è credibile».

Quattro giorni, dunque, per giocarsi il tutto per tutto ed evitare l’intervento dello Stato: conversione dei bond subordinati, con l’obiettivo di portare a casa almeno un altro miliardo e mezzo, collocamento istituzionale, con il ruolo di anchor investor che si spera ancora il Qatar voglia ricoprire (con un investimento di circa un miliardo). E maxi-cartolarizzazione di 27,7 miliardi di sofferenze per la quale si attende ancora la firma di Atlante.

Le incognite riguardano sia il numero di obbligazionisti che effettivamente decideranno di convertire i loro bond in azioni, sia l’effettiva disponibilità degli investitori a sottoscrivere l’aumento di capitale. Le due operazioni sono per altro strettamente legate tra loro. E le scadenze sono state studiate per garantire uno sviluppo ordinato dell’intera operazione: alle 14 di mercoledì 21 dicembre il termine per la conversione dei bond; stessa dead line per la parte di aumento dedicato ad azionisti (30%) e pubblico indistinto (5%); alle 14 del 22 dicembre lo stop all’aumento per gli istituzionali. E anche le riunioni del cda, oggi a Milano e venerdì a Siena, sono calendarizzate prima per seguire l’avvio del piano e poi per prendere atto dell’esito dell’intera operazione e prendere le decisioni conseguenti.

Se si aprirà l”ombrello pubblico vero e proprio, invece, dovrebbe scattare la conversione forzata delle obbligazioni subordinate. L’esecutivo, che ha pronto nel cassetto un decreto con una soluzione di sistema per le banche, starebbe ancora cercando di evitare di replicare il meccanismo utilizzato per le 4 banche (azzeramento e poi ristoro). Il provvedimento, in ogni caso, sarà varato solamente se la banca alzerà bandiera bianca, certificando il fallimento dell’operazione di mercato. Il decreto prevede un fondo per i salvataggi da 15 miliardi (da utilizzare quindi non solo per Mps ma anche per altri istituti utilizzare quindi non solo per Mps ma anche per altri istituti in crisi, dalle venete a Carige), che deve però preventivamente essere autorizzato dal Parlamento perché aumenta il debito.

Il testo dovrebbe contenere anche l’attivazione per circa 80 miliardi della garanzia sulla liquidità sullo schema già autorizzato da Bruxelles in estate (e fino a fine 2016), e alcune altre misure per il sistema, tra le quali lo slittamento della scadenza per la riforma delle popolari.

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