Immigrazione: il governo, su richiesta dell’Europa, riapre i Centri d’identificazione ed espulsione (Cie)

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Il Governo pensa di riattivare i Cie, i Centri di identificazione ed espulsione. Come noto questi centri, prima denominati centri di permanenza temporanea (CPT), sono strutture previste dalla legge italiana istituite per trattenere gli stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera nel caso in cui il provvedimento non sia immediatamente eseguibile. Sono stati istituiti in ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 12 della legge Turco-Napolitano

La riapertura di un numero adeguato di centri viene chiesta da tempo dall’Europa. E ora l’enorme flusso di immigrati arrivati sul nostro territorio nel 2016, e la necessità di effettuare controlli antiterrorismo sempre più serrati, sembrano rendere la prospettiva concreta. Il Viminale sta studiando la possibilità di recuperare alcune di queste strutture, così da avere più di mille posti disponibili.

Il ripristino scatenerà nuovamente la polemica politica che ha accompagnato da sempre la presenza di questi centri nel nostro Paese, avversati dall’estrema sinistra – che le considerava vere e proprie carceri – fin da quando furono istituiti nel 1998 con la legge Turco-Napolitano.Gli immigrati clandestini che vengono ospitati dovrebbero restarci il tempo necessario all’espulsione. Ma quasi mai è così, perché i 90 giorni previsti dalla procedura, dopo l’arrivo in Italia dello straniero, dovrebbero bastare a identificare nome e nazionalità per poter procedere al rimpatrio. E invece ci vuole di più, anche perché non sempre da parte degli stati di provenienza arrivano risposte positive.

I Centri presenti sul nostro territorio sono cinque: Torino, Roma, Bari, Trapani e Caltanissetta, ma molti di questi sono chiusi o lavorano in versione ridotta, tanto che i clandestini ospiti sono solo 360. In questi anni, poi, in linea con la Grecia, laSpagna, anche l’Italia ha progressivamente abolito tali strutture. Tanto che il Cie di Roma, a Ponte Galeria, lavora a metà, a Trapani ne funziona solo uno, mentre il secondo è diventato un Cara per i richiedenti asilo. Chiuso lo spazio di Milano in via Corelli. Chiuso Gradisca D’Isonzo, vicino Gorizia, chiusa Modena, dove nel tempo erano state avviate strutture simili. A Bari è presente un Cie molto piccolo, a Crotone ora c’è un Cara, mentre continua a funzionare Caltanissetta.

Il piano del Viminale prevederebbe di riaprire Milano e Bologna e forse anche un terzo centro. Il vero handicap del progetto, però, è che gli spazi sono andati distrutti nel corso degli anni, alcuni incendiati dalle proteste, altri abbandonati, e che quindi il lavoro di ripristino non sarà facilissimo. Inoltre non basteranno certo i Cie a risolvere il problemadell’intensità dei flussi, anche perché gli arrivi negli ultimi 12 mesi sono stati da record: più 18,21 per cento rispetto allo scorso anno, per un totale di 180.392 migranti.

La scelta di chiudere i Cie ha, comunque, avuto le sue conseguenze negative, perché lo straniero che non ha il diritto di chiedere asilo, dopo aver passato i controlli in un hotspot, riceve un decreto di espulsione, ma è formalmente libero, e diventainolto spesso irrintracciabile. Il caso di Anis Ainri, il tunisino che ha colpito a Berlino, è uno dei tanti. Arrivato in Italia con i barconi, identificato ed espulso, è rimasto sul nostro territorio a lungo, in attesa di ricevere dalla Tunisia delle indicazioni per poterlo rimpatriare. All’epoca, però, era in corso la Primavera araba, i rapporti con il paese africano andavano molto a rilento. E il giovane è stato libero di circolare per l’Europa.

Per questo il ministro dell’Interno, Marco Minniti, oltre ai Cie, intende continuare a rafforzare gli accordi con gli stati di provenienza. Al momento la collaborazione rimane positiva con l’Egitto, il Marocco, la Nigeria, la Tunisia. Mentre i nostri esperti contano di riuscire a siglare intese anche con altri paesi dell’Africa sub sahariana. in modo da poter finalmente attivare le espulsioni finora completamente inefficaci.

 

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