Pubblica amministrazione: Governo e sindacati al lavoro per attuare il rinnovo del contratto

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Stimolato anche dal discorso del Presidente della repubblica, che ha richiamato la politica ai suoi doveri e a una maggiore moderazione, il Governo deve rimboccarsi le maniche per disporre l’attuazione di quelle (poche) riforme e dei limitati provvedimenti rimasti in piedi, decisi dal governo Renzi. Soprattutto deve rendere esecutivo l’accordo siglato dal vecchio governo con i sindacati del pubblico impiego il 30 novembre (per fini eminentemente referendari) e che prevede due punti principali: gli 85 euro di aumento medio contrattuale per 3,3 milioni di lavoratori e la modifica della legge Brunetta, che divide il pubblico impiego in fasce di merito, escludendo dai premi un quarto dei dipendenti in ciascuna amministrazione statale.

Occorre adesso predisporre il cosiddetto atto di indirizzo, necessario per la riapertura della contrattazione. E su questo stanno lavorando esperti governativi, Aran e sindacati. Il nodo principale da sciogliere riguarda gli aumenti in busta paga. Il fondo per la Pa previsto in manovra (5 miliardi nell’arco del triennio 2016-2018, di cui solo 3,3 già coperti) dovrebbe destinare la quota prevalente al rinnovo dei contratti, con incrementi in linea a quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori a 85 euro mensili medi. Le parti, nell’intento di ridurre la forbice retributiva, cercheranno di valorizzare i livelli retributivi che maggiormente hanno sofferto la crisi economica e il blocco della contrattazione che durava dal 2009.

Tra i problemi sul tappeto anche la questione del bonus da 80 euro. Il timore dei sindacati, infatti, è che l’incremento reddituale possa comportare l’effetto paradossale di cancellare il credito d’imposta, percepito attualmente da circa 900 mila statali. Il bonus, infatti, si riduce a partire dai 25 mila euro di reddito e si azzera a 26 mila euro.

Il calendario delle trattative si aprirà il 10 gennaio prossimo quando i sindacati saranno chiamati insieme all’Aran a ricalibrare permessi e distacchi in base alla nuova mappa del pubblico impiego, diviso in 4 comparti invece che in 11, come in passato. Il decreto legge Madia del 2014 ha già tagliato il monte di permessi e distacchi del 50%, adesso, a due anni di distanza, si potrebbe intervenire per gestire il rapporto tra le diverse prerogative sindacali. La ripartizione, ovviamente, avviene sempre in base alla rappresentatività, recentemente ricalcolata. Visti gli accorpamenti tra i comparti, l’operazione sarà più complicata nei settori della Pa centrale e della conoscenza, che hanno riunito funzioni prima separate, mentre quasi nulla cambierà perla sanità e per gli enti locali.

Si tratta solo della prima parte del lavoro che attende governo e sindacati, che non possono deludere i lavoratori, in attesa da 9 anni del rinnovo contrattuale, ma che si trovano davanti il macigno dei limiti non valicabili di spesa pubblica. Un’impresa difficile, ma con un po’ di buona volontà ci si può riuscire.

 

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