La presidenza di Malta, di turno per l’Unione europea, sta cercando di fare passi in avanti nella politica migratoria, bloccata dagli egoismi di molti paesi del Nord e dell’est del continente. Dopo aver presentato un progetto d’intervento per limitare gli arrivi dall’altra sponda del mediterraneo, adesso si cerca di fare qualche passo in avanti sulla riforma del regolamento di Dublino. Si tratta dell’obiettivo prioritario focalizzato nel recente incontro informale dei ministri dell’interno europei a La Valletta, a Malta, al quale ha partecipato il commissario europeo all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos.
Dal vertice è emersa una verità che molti, tranne Italia e Grecia, facevano finta di non conoscere: non c’è solo la normativa sulle richieste di asilo da rivedere, bisogna nel frattempo far funzionare il meccanismo dei ricollocamenti. Era previsto che 40.000 profughi venissero ricollocati da Italia e Grecia nei vari paesi Ue in due anni. Ma dopo quasi un anno e mezzo quelli trasferiti dall’Italia sono soltanto 2917.
Al vertice è stato lanciato l’appello a far rispettare il piano sottoscritto da tutti i capi di stato e di governo Ue. Intanto, i ministri hanno concordato sulla necessità di lavorare alla revisione del regolamento di Dublino, che impone sostanzialmente al paese di primo ingresso di farsi carico dell’accoglienza e della permanenza dei richiedenti asilo. La discussione in corso — ha sottolineato Avramopoulos — punta a una «riforma ambiziosa e più leale rispetto ai paesi in prima linea». In particolare il ministro lussemburghese Jean Asselborn ha sottolineato l’urgenza di una «effettiva solidarietà europea» nella gestione delle politiche migratorie, ribadendo che «è impossibile che Italia e Grecia siano lasciate da sole».
Nella riunione è emerso uno schema per una strategiaa tre fasi che prevede misure diverse in relazione all’entità degli arrivi: bassi, alti e altissimi. In base al numero degli sbarchi, potranno scattare i ricollocamenti, ma i particolari e le proporzioni sono tutti da definire e non sarà semplice trovare un accordo con tutti i paesi europei.
Avramopoulos ha dichiarato che «per la prima volta non si è lontani dalla soluzione», riconoscendo però che la partita si gioca nei dettagli, non facili. Da parte sua, Carmelo Abela, ministro dell’interno di Malta, paese presidente di turno dell’Unione, ha parlato di «progressi». Allo studio c’è anche la realizzazione di campi in Libia, dove accogliere i migranti che saranno riportati sulla costa, una volta entrato a regime il piano votato in questi giorni dalla commissione che prevede il rafforzamento della guardia costiera e il rientro sulle coste libiche di chi si avventura in mare verso l’Europa. Con motovedette e altri mezzi consegnati dall’Ue, le forze libiche dovrebbero essere in grado di pattugliare le acque e riportare indietro coloro che partono con gommoni e barconi.
Sembra che questa volta alle buone intenzioni si vogliano far seguire atti concreti da parte degli altri paesi dell’Unione, ma visti i precedenti attendiamo per dichiarare che l’Europa si è data finalmente una politica comune per l’immigrazione.