Richieste di asilo: il boom del 2017 (+41%). Urge un rimedio, ma molti sono gli ostacoli

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La nuova strategia, in teoria più restrittiva, del Governo e in parte anche dell’Ue, in materia d’immigrazione si sèpiega anche, almeno per quel che riguarda il nostro Paese, dal boom degli arrivi, delle richieste di asilo, che all’80% risultano ingiustificate. Le sempre più accentuate difficoltà nell’accoglienza, le proteste di parte della popolazione si scontrano però con la politica illimitata delle porte aperte predicata, fra l’altro, dalle Associazioni, caritatevoli e non, interessate al fenomeno. La riprova: le proteste in particolare di medici senza Frontiere, UNHCR e Oxfam contro il progetto di istituire in Libia posti di accoglienza dove esaminare le richieste e quindi ridurre drasticamente gli arrivi sulle nostre coste.

In Italia negli ultimi anni, ma anche in questo inizio del 2017, si è registrata una clamorosa impennata delle richieste di asilo. Nel primo mese del 2017 sono state +41% rispetto al gennaio 2016. E, nello stesso tempo, sono in calo dell’11% le domande esaminate dalle Commissioni.

A fornire i numeri di un sistema in sofferenza è il prefetto Angelo Trovato, presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, in audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’accoglienza dei migranti. La costante pressione migratoria è confermata anche dai dati sugli sbarchi. A gennaio, come detto, sono arrivate 4.504 persone via mare, di cui 395 minori non accompagnati. E in tanti fanno domanda di protezione in Italia. Si tratta di numeri sempre più imponenti, non semplici da gestire per la macchina messa in piedi dal Viminale.

Dalle 26mila richieste del 2013 si è infatti passati alle 64mila del 2014, alle 83mila del 2015 fino alle 123mila del 2016. Ed il dato di gennaio 2017 indica un ulteriore aumento del 41%. Delle 123.600 domande di asilo del 2016 (+47% rispetto al 2015), 11.656 sono state presentate da minori. La grande maggioranza delle richieste (105mila) è arrivata da uomini.

La Nigeria è la nazione più rappresentata, con 27mila richieste. A gestire questo fiume di istanze sono le 20 Commissioni territoriali per l’asilo, cui si aggiungono 28 sezioni, sei delle quali – anche Firenze – con presidente a tempo pieno. Ciascuna Commissione costa 314mila euro all’anno. Sull’esame delle richieste, ha rilevato Trovato, «si stanno accentuando i problemi, dovuti soprattutto alla necessaria presenza di uomini delle forze di polizia, che sono oberati da altri impegni. E così invece di fare 4-5 audizioni al giorno, si è scesi a 3. Nel 2017 si è registrato un calo del 10% delle domande esaminate e ciò è preoccupante».

A conclusione dell’iter, lo status di rifugiato è stato concesso al 5% delle domande esaminate; al 14% è stata assegnata la protezione sussidiaria, al 21% quella umanitaria e nel 56% dei casi c’è stato il diniego. I tempi medi di esame delle richieste nel periodo 2014-2016 sono stati di 257 giorni, con una tendenza all’accelerazione. Si è infatti passati dai 347 giorni del 2014 ai 261 del 2015 ai 163 del 2016. Le richieste ancora pendenti ammontano a 110mila. «Siamo – ha spiegato il prefetto – il secondo Paese europeo, dopo la Germania, per numero di pratiche esaminate».

Un ulteriore problema è costituito dai ricorsi; dal 2014 al 2016 ne sono stati sottoscritti 53mila, il 18% definiti (70% accolti) e l’81% pendenti, una montagna che cresce sempre più. Col risultato d’ingolfare la macchina della giustizia e, a causa della lentezza del procedimento, impedire il rimpatrio o l’espulsione del soggetto, difeso per tre gradi di giudizio, fino alla Cassazione, da avvocati d’ufficio pagati a nostre spese.

Per questo il Governo cerca di correre ai ripari con una triplice linea d’azione: aumentare il numero delle Commissioni, ridurre i tempi dei ricorsi e i livelli dei gradi di giudizio (si cerca di ridurli a uno solo). Ma ogni tentativo viene ostacolato a livello politico, culturale e di associazionismo. Sull’affaire migranti e profughi troppa gente e alcune categorie ci lucrano e non sono disposti a mollare troppo facilmente il business.

 

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