Economia: i prezzi (+0,1%) ricominciano a salire più dei salari (+0,5%). Si attende la conclusione dei nuovi contratti

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Grazie alla deflazione che ha regnato a lungo in Europa, ma soprattutto in Italia, i salari crescevano poco, i tassi risultavano ai minimi storici, ma ovviamente davanti c’era il segno più mentre i prezzi erano in discesa. A conti fatti il potere d’acquisto ci guadagnava seppure in uno scenario tutt’altro che incoraggiante. Qualcosa però, nel giro di poco tempo tempo, quasi all’improvviso, è cambiato. L’inflazione si è risvegliata spiazzando buste paga un po’ addormentate. Dati dell’Istat alla mano, a gennaio i listini sono rincarati dell’1,0% su base annua, contro lo 0,5% delle retribuzioni contrattuali, praticamente doppiate.

Per ritrovare una crescita dei prezzi superiore a quella dei salari bisogna tornare indietro di quasi quattro anni, a inizio, precisamente marzo, 2013, con l’Italia in piena recessione. In realtà già a dicembre l’inflazione (+0,5%) aveva sorpassato le retribuzioni (+0,4%), ma per un solo decimale. A gennaio lo scarto è diventato di mezzo punto percentuale e a febbraio la tendenza sembra confermata, visto che è già noto il dato sui prezzi, in piena accelerata (+1,5%).

Sul fronte salari però qualcosa si sta muovendo. I metalmeccanici hanno siglato il rinnovo del contratto a fine novembre e già a partire da questo mese intascheranno i primi aumenti (anche se quello previsto a marzo figura solo come una tantum, con gli scatti che partiranno in via ordinaria da giugno). E soprattutto sta per riaprirsi la partita sul pubblico impiego, cruciale dato che coinvolge 3 milioni di lavoratori. Ma prima che si avviino e concludano le trattative passerà un tempo fisiologico.
In generale comunque ci sono segnali di scongelamento sul lato contratti, guardando sempre agli aggiornamenti dell’Istat, i dipendenti in attesa del rinnovo sono scesi a gennaio del 2017 al 49,8%, il dato più basso dal dicembre del 2015.

Sembra quindi in corso un assestamento tra prezzi e salari che però prima di portare entrambi i fattori in parallelo, in linea con la ripresa economica, potrebbe far registrare qualche ulteriore scossa a danno del potere d’acquisto dei lavoratori.

 

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