Migranti: il flusso dall’Africa è sempre crescente, si può ridurlo, ma non bloccarlo

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Il numero di migranti arrivati in Europa negli ultimi anni crea difficoltà di ricezione e preoccupa per l’effetto che può avere sugli equilibri sociali nei paesi di accoglienza. Molti politici, in vari paesi europei e in vista di prossime importanti elezioni politiche (Francia e Germania) si esprimono sulla possibilità, o la necessità, di bloccare gli arrivi, ma i dati economici e demografici che arrivano soprattutto dall’Africa subsahariana ci dicono che si tratta di impresa praticamente impossibile.

Un interessante articolo di Emilio Sacerdoti, consulente della Banca mondiale per gli investimenti e il Fmi, pubblicato su la voce.info, traccia un quadro esauriente e scientificamente fondato sulla situazione attuale e soprattutto sulle previsioni dello sviluppo del fenomeno migratorio da quella parte del mondo. E si pone la domanda fondamentale. Ma è realisticamente possibile porre fine ai flussi migratori? La risposta è che le differenze di reddito fra i paesi di origine e quelli di arrivo e le pressioni demografiche continueranno a costituire un fattore di emigrazione molto forte anche nei prossimi anni. Tuttavia, se fosse possibile generare tassi di crescita economica elevati nei paesi di origine e por fine ai conflitti interni, le prospettive di ridurre le entità dei flussi migliorerebbero.

Ecco le principali argomentazioni sviluppate da Sacerdoti:

Tab. 1: Numero di migranti dell’Africa subsahariana (dati in milioni di persone)

«Per quanto concerne l’Africa subsahariana, la gran parte dei flussi migratori (70 per cento del totale dello stock di migranti nel 2013) avviene all’interno del continente, fra paesi limitrofi, determinati soprattutto da fattori economici. La Costa d’Avorio, con un’agricoltura prospera, da sempre attrae lavoratori dai paesi vicini, e così l’Africa del Sud; verso Uganda e Tanzania si dirigono lavoratori da Burundi e Sudan del Sud, dilaniati da guerre civili.
Ma allo stesso tempo sono cresciuti i flussi di migranti economici verso paesi fuori dell’area. I dati disponibili indicano che nel 2013 lo stock delle persone emigrate era di 20 milioni, di cui 13 milioni all’interno dell’area e 7 milioni al di fuori (0,7 per cento della popolazione globale di 900 milioni, tasso più basso rispetto ad Asia del Sud e Medio Oriente). Di queste persone emigrate, i rifugiati sarebbero solo il 10 per cento, ossia 2 milioni, mentre nel 1990 erano quasi la metà.

Nel periodo 2013-15 sette paesi africani hanno registrato tassi di crescita superiori al 6 per cento. La crescita sostenuta riduce le migrazioni (per esempio da Ruanda, Tanzania, Mozambico, Costa d’Avorio). Ma è indispensabile che la situazione politica promuova stabilità e inclusione: le politiche repressive in Etiopia, Eritrea e fino a poco tempo fa Gambia hanno stimolato l’emigrazione, nonostante i miglioramenti dell’economia.

Nei paesi dell’Africa subsahariana, l’effetto congiunto di una popolazione che è cresciuta di quattro volte fra il 1960 e il 2013, di un tasso di fertilità decrescente compensato da una mortalità infantile in calo farebbe aumentare la popolazione in età di lavoro di 70 milioni nel 2015-20, 80 nel 2025-30 e 125 nel 2045-50.
Sulla base di un modello di migrazione tradizionale (fattori determinanti la differenza di reddito, le pressioni demografiche, l’esistenza di conflitti) un recente rapporto del Fondo monetario internazionale (citato in World Economic Outlook, ottobre 2016) prevede che sulla popolazione totale dei paesi dell’Africa subsahariana la percentuale di persone che migrerebbero nei paesi Ocse passerebbe da 0,6 per cento nel 2010 a 0,8 per cento nel 2030 e a 1,7 per cento nel 2050 (figura 4). Questo significherebbe che sul totale della popolazione Ocse, che crescerebbe di poco nei prossimi trenta anni, la percentuale originaria dai paesi dell’Africa subsahariana passerebbe da 0,4 per cento nel 2010 a 2,7 per cento nel 2050, ossia da circa 4,6 milioni di persone a 35 milioni.

Migranti da Africa subsahariana nei paesi Ocse nel periodo 2000-2050 ( dati effettivi e previsioni)

Per tali motivi le pressioni migratorie nel futuro, specie dai paesi dell’Africa subsahariana, continueranno a essere accentuate. Politiche che permettano un aumento del tasso di crescita del Pil e una riduzione del tasso di fecondità femminile, accompagnati da interventi internazionali per porre fine ai conflitti interni, possono aiutare a ridurle, ma non è realistico pensare a una loro eliminazione completa».

 

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