Migranti: la Germania e altri 4 paesi dovranno eliminare i controlli alle frontiere interne

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Avanti con il presidio alle frontiere interne per altri sei mesi, ma gli Stati membri che hanno ripristinato i controlli alle frontiere a seguito della crisi migratoria devono eliminarli gradualmente, per ripristinare la normale libera circolazione delle persone entro il 2 novembre. È il parere della Commissione alla base delle decisioni adottate oggi e destinate al Consiglio, l’insieme dei Ventotto.

La Commissione è stanca dei controlli rinnovati alle frontiere da parte di alcuni Stati e fa presente ai governi interessati che non sussistono più le condizioni per giustificare condizioni d’emergenza, e dunque non saranno concessi altri rinnovi oltre questo. Queste le condizioni poste a Austria, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia (quest’ultima non Ue, ma all’interno dell’area Schengen per la libera circolazione) che hanno ottenuto il via libera per altri 180 giorni di presidio ai confini.

Questi cinque Paesi si sono avvalsi della possibilità dei trattati sul funzionamento dell’area di libera circolazione di reintrodurre controlli in casi di circostanze eccezionali che possono mettere a rischio la sicurezza nazionale. I controlli possono essere reintrodotti per periodi fino a sei mesi e per un massimo di due anni. Mentre per i primi sei mesi sono i governi ad agire in automatico limitandosi ad informare l’esecutivo comunitario, per continuare a tenere chiusi i confini oltre il sesto mese occorre fare richiesta a Bruxelles, che deve dare il via libera dopo valutazione della situazione. Se la valutazione dà esito negativo, non si va oltre con i controlli.

Non è stato questo il caso dei cinque Stati citati, ai quali finora la Commissione ha dato sempre ragione. Lo fa ancora, poi non lo farà più. «Raccomandiamo che i controlli temporanei interni all’area Schengen siano prolungati per un’ultima volta, ma invitiamo a gli Stati membri a eliminarli gradualmente», la sintesi della decisione nelle parole del commissario per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos.

 

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