Lo studio Confesercenti: negli ultimi cinque anni boom di ambulanti (+38%) e minimarket (+36%) non italiani. Tedeschi primi nella ricettività
Il 40% dei commercianti non italiani è marocchino o bengalese, cinesi maggioritari nella ristorazione. Confesercenti: “Confermata vocazione multietnica settore, ma rimane il dubbio che dietro al boom degli ambulanti e dell’ingrosso ci sia la questione del permesso di soggiorno”
Continuano ad aumentare le imprese straniere nel commercio e nel turismo. Nel 2015 sono ormai 238.270, e la presenza di attività guidate da persone non italiane cresce in tutti principali settori, registrando incrementi boom nel commercio ambulante (+38%) e nel commercio al dettaglio in esercizi non specializzati (+36%), categoria che racchiude i minimarket, alimentari e non alimentari. E’ quanto emerge da un’analisi condotta da Confesercenti sulla numerosità, i Paesi di provenienza e le specializzazioni delle imprese e degli imprenditori stranieri nel commercio e turismo in Italia, basata sui dati camerali.
Le imprese straniere
L’incidenza delle imprese straniere è particolarmente significativa nel commercio all’ingrosso e al dettaglio: nel 2015 ce ne sono 197.850, oltre un terzo (il 36,4%) del totale delle attività condotte da non italiani residenti nel nostro Paese. Alloggio e ristorazione, con 40.411 imprese straniere, rappresenta invece un altro 7,7%.
Tab: imprese straniere nel commercio e nel turismo, settembre 2015
Settore |
Numero Imprese Straniere |
Percentuale sul totale delle imprese straniere in Italia |
Commercio all’ingrosso e al dettaglio |
197.850 |
36,4% |
Alloggio e ristorazione |
40.411 |
7,7% |
Totale Commercio e Turismo |
238.270 |
44,1% |
Il commercio è il comparto a più alto tasso di internazionalizzazione della nostra economia, anche se con profonde differenze a seconda della Regione e del settore d’attività presi in esame.
Complessivamente, nel commercio al dettaglio il 17,8% delle imprese è guidato da imprenditori stranieri. Una percentuale che aumenta notevolmente nel commercio ambulante, dove ormai le imprese non italiane superano quelle italiane (51,7%). Alta presenza di stranieri anche nelle attività di fuori dei negozi come la vendita per corrispondenza e porta a porta (29,9%), e nel commercio in esercizi non specializzati (11,8%). Tra i settori che hanno visto la maggior crescita di imprese straniere è da segnalare il dettaglio di ortofrutta, in cui il le imprese non italiane sono aumentate del +70,3% tra il 2011 ed il 2015, ed il commercio di altri prodotti alimentari (latte, caffè e salumerie), dove l’incidenza ha raggiunto l’8,1%, con un incremento record del +128,1%.
A livello regionale, è da notare il caso della Calabria, dove ormai è straniera quasi un’impresa del commercio su quattro (il 23,3%). Seguono la Sardegna (21,7%) e la Liguria (19,9%). Appare ancora ridotta, invece, la presenza di attività non italiane in Basilicata (dove sono il 9,1% del totale) e in Valle d’Aosta (9,4%). Roma è il comune che concentra il maggior numero di imprenditori stranieri dettaglianti (oltre 13 mila, 7,8% del totale nazionale). Seguono Milano (oltre 7 mila, 4,3%), Napoli (6 mila, 3,6%), Palermo (5 mila, 3,0%) e Torino (4,8 mila, 2,9%). Emblematica la presenza nella classifica di un comune non capoluogo quale Lamezia Terme, in ventesima posizione. La top 20 dei comuni concentra ben un terzo del totale dell’imprenditoria straniera del commercio al dettaglio del nostro Paese (33,7%, oltre 56 mila imprenditori).
La presenza di imprese straniere è più contenuta nel turismo, anche se comunque in crescita. Nel caso delle attività ricettive l’incidenza delle imprese straniere nel 2015 è del 4,8% (era il 4,0% nel 2011). Il massimo per il settore si ha nel Lazio: 8,9%. Con riferimento a bar e ristoranti, invece, il peso delle imprese straniere sul totale è del 10,8%, in aumento dal 7,9% rilevato nel 2011. In questo ultimo settore è la Lombardia ad aggiudicarsi il podio di Regione a maggior tasso di internazionalizzazione, con il 17,6% di imprese straniere sul totale.
Gli imprenditori stranieri
Quarantenne, uomo, proveniente da una nazione dell’Asia o dell’Africa: è questo l’identikit dell’imprenditore straniero. Nel commercio al dettaglio l’età media dei titolari di attività stranieri è di 42,6 anni, ed è mediamente più bassa di circa 7,5 anni rispetto agli imprenditori italiani. Nella ricettività la media è di 51,4 anni e il differenziale più basso (3,4 anni), mentre per bar e ristoranti l’età media degli imprenditori stranieri è 41,9 anni (differenza di 5,8 anni rispetto agli italiani).
Per quanto riguarda il genere, nel caso del commercio al dettaglio la presenza maschile è pari a un imprenditore su quattro (75,1%), con una differenza molto marcata rispetto agli italiani, dove la quota è del 57,8%. L’imprenditoria straniera è invece più ‘rosa’ di quella italiana nel turismo: nella ricettività la media di presenza maschile tra i non italiani è del 45,3% (per gli italiani il valore è 55,4%), mentre per bar e ristoranti l’incidenza è 54,4% (per gli italiani 61,3%). In entrambi i casi, dunque, la presenza femminile nell’imprenditoria è maggiore nel caso degli stranieri.
La scelta della tipologia di attività appare strettamente legata alla nazionalità di provenienza, un fenomeno probabilmente dovuto all’esistenza di filiere commerciali etniche di riferimento in Italia, e che sembra essere confermato dall’alta percentuale di imprenditori che interessa alcuni gruppi. Come nel caso dei bengalesi residenti in Italia, di cui uno su tre fa impresa.
Nel commercio sono attivi soprattutto gli imprenditori provenienti da Marocco (28,5% del totale degli stranieri) Bangladesh (11,9%), aumentati del 90,9% negli ultimi 5 anni. Insieme, queste due nazionalità costituiscono circa il 40% del totale degli stranieri del settore, e sono specializzati nell’ambulantato e nell’ortofrutta. Al terzo posto c’è la Cina (10,8%, +10,8% dal 2011), con una presenza più forte nell’abbigliamento, sia fisso che ambulante, mentre al quarto c’è il Senegal (9,9%, +26,7% negli ultimi cinque anni), dove la vocazione per il commercio ambulante è quasi totalizzante (87,6%). E’ infine da notare la crescita di imprenditori provenienti dal Pakistan: sono ancora solo il 4,3% del totale degli imprenditori stranieri del commercio, ma sono aumentati del 75,6% dal 2011 ad oggi. Anche questo gruppo appare particolarmente concentrato sul commercio ambulante.
Nella ricettività, dove si contano 5,3 mila imprenditori stranieri, prevalgono invece le nazionalità europee, con in testa la Germania (11,2%): frutto degli investimenti operati da imprese tedesche nella ricettività agrituristica e di qualità nel nostro Paese durante la crisi. L’unica eccezione è rappresentata dalla onnipresente Cina (5,9%), collocata al terzo posto. Per bar e ristoranti (53 mila imprenditori stranieri) la Cina rappresenta quasi un quarto del totale (22,9%, e la crescita 2011-2015 è addirittura 52,9%). Segue in questo caso l’Egitto (8,3%, +38,4%), quindi la Romania (7,6%, ma la crescita è del 66,4%), quindi la Svizzera (5,1%, ma la crescita è solo +3,7%) e la Germania (5,0%, +12,0% il confronto con il 2011).
“Il quadro che emerge dallo studio – commenta Mauro Bussoni, Segretario Generale di Confesercenti – conferma la vocazione multietnica del commercio. La presenza di imprese straniere è una ricchezza per il settore e per tutto il Paese. Rimane però qualche dubbio sulla crescita record delle imprese straniere nel commercio ambulante, soprattutto in quello di tipo itinerante, e nell’ingrosso. Il sospetto è che l’incremento del numero di imprenditori sia dovuto al tentativo di avere o confermare un permesso di soggiorno come lavoratore autonomo che all’avvio di vere e proprie attività imprenditoriale”.
(Fonte: Confesercenti Nazionale)