Pensioni: in Italia le tasse più alte d’Europa (20,7%). Il doppio di altri paesi, dieci volte più della Germania

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Una ricerca del 2013 di Confesercenti, valida ancor oggi e ripresa anche da recenti dibattiti televisivi, ha dimostrato che i pensionati italiani sono i più tartassati in Europa. E per questo aumentano sempre più quelli che trovano il coraggio di affrontare le incognite di una sistemazione in un altro paese, lontani dai loro cari, pur di sfuggire alle angherie del fisco.

FISCO – I numeri: il prelievo fiscale sulla maggior parte dei 16,5 milioni pensionati italiani (quelli che hanno trattamenti compresi tra 1,5 e 3 volte il minimo) oscilla tra il 9% e il 20%. La ricerca di Confesercenti per esempio ha scoperto che su una pensione di 9661 euro all’anno (700 euro netti al mese, 1,5 volte il minimo) un pensionato paga di Irpef il 9,17%. Su un trattamento da 19322 euro all’anno (3 volte quello minimo, sono 1200 euro al mese) si paga il 20,7% di tasse.

PAESI CIVILI – Se compariamo quest’aliquota (già piuttosto alta) con quelle in vigore nei paesi civili, vediamo che in Germania il prelievo fiscale è di fatto inesistente, e arriva al massimo allo 0,2%. In Francia l’aliquota massima per i pensionati è al 5,2%, nel Regno Unito è al 7,2%, in Spagna è al 9,5%. Il calcolo è stato effettuato su pensioni di circa 1500 euro mensili, il triplo rispetto al minimo. In questi ultimi tre paesi, inoltre, chi ha l’assegno minimo di tasse non ne paga proprio. In Portogallo dove si stanno trasferendo molti italiani, niente tasse per i residenti non abituali per i primi 10 anni.

ESODO – Questa la situazione reale, ma contro l’esodo dei pensionati si sono appuntati gli strali di Boeri e di una parte dell’opinione pubblica. Ma a ben guardare i vecchietti che si trasferiscono all’estero non solo non fanno nulla di illegale, ma reagiscono come possono alla pressione fiscale insostenibile, aggravata dal peso di tasse locali, costi crescenti di servizi, bollette raddoppiate, assistenza spesso insufficiente.

TRATTATI – Si limitano – forse inconsciamente – a seguire un principio molto semplice, sancito in molti trattati bilaterali firmati dall’Italia con i governi esteri, nei quali è stabilito chiaramente che un cittadino deve pagare le tasse nel paese in cui risiede prevalentemente, visto che lì usufruisce di servizi pubblici di cui non gode più in Italia.

Fatte queste premesse rivolgiamo un monito e un invito al Governo e soprattutto al Presidente dell’Inps, Tito Boeri. Prendersela con chi ha speso una vita di lavoro e ha raggranellato contributi con trattenute pesanti per oltre 40 anni non solo è iniquo e ingiusto, ma anche illegale, come abbiamo dimostrato. Si cerchi di reperire le finanze necessarie a incrementare gli interventi di assistenza (non previdenza, non facciamo la solita confusione), chesi ritengono necessari, risparmiando i già tartassati pensionati. Si faccia ricorso più correttamente alla fiscalità generale, alla spending review (finora poco attuata) e all’abbattimento dei costi, degli sprechi della politica e della corruzione, contro la quale combatte meritoriamente (e quasi isolato) il Presidente dell’apposita autorità Raffaele Cantone.

In tal modo potrà restare più tranquilla una categoria (le pantere grigie) gravata da pesanti tasse e contributi di solidarietà, i cui assegni già contribuiscono in buona parte a alleviare il disagio sociale, visto che sul loro sostegno si basa la sussistenza e la sopravvivenza di moltissimi nuclei familiari.

 

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