Altero Matteoli: suo il progetto per l’Arno. Che prevede anche il rialzo della diga di Levane

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Ha lasciato segno tangibili del suo passaggio nelle istituzioni, Altero Matteoli, già ministro dell’ambiente, ma soprattutto politico molto attento all’interesse pubblico. Con atti concreti. Firmando progetti destinati a migliorare la vita di tutti. C’è chi ha scritto che, per ironia della sorte, Matteoli è morto in un tragico scontro proprio su quella Aurelia, con i pericolosissimi incroci a raso, che lui aveva proposto di trasformare in autostrada o, almeno, di mettere in sicurezza. Si era battuto da ministro e da senatore. Riscuotendo anche l’ammirazione di avversari politici, come i presidenti ex comunisti della Regione Toscana. Prima Claudio Martini, poi Enrico Rossi. Era di destra, Altero Matteoli, veniva dal Movimento sociale di Giorgio Almirante, ma la capacità e la dirittura morale non sono mai state messe in discussione da nessuno. E non avrebbe meritato nemmeno quella condanna per il Mose di Venezia. Quella vicenda non gli apparteneva e lo ha fatto soffrire.

ARNO – Ma io ricordo un’altra grande battaglia di Matteoli ministro: il progetto per l’Arno. Nel 2005, quando ci si apprestava a celebrare il quarantesimo anniversario dell’alluvione del 1966, si rese conto che il fiume avrebbe potuto provocare nuove catastrofi. Infatti, tranne l’abbassamento delle platee di Ponte Vecchio e Ponte Santa Trinita, immediatamente dopo il diluvio, non era (e non è) stato fatto molto di più. Sì, vero, c’è la diga diBilancino sulla Sieve: ma è stata costruita troppo in alto, prende solo pochi torrenti del pericoloso affluente e serve principalmente come riserva idrica. La capacità di fermare la Sieve quando si gonfia è minima. Matteoli si rese conto che non c’era il miliardo e mezzo di euro necessario per realizzare il piano di bacino firmato nel 1999 dal professor Raffaello Nardi, l’unico grande progetto ancora attuabile per mettere in sicurezza Firenze e due terzi della Toscana. Così invitò l’allora segretario dell’Autorità di bacino, il professor Giovanni Menduni, a scrivere un piano ridotto, un «pianino» da 200 milioni, più agile ma, sulla carta, efficace.

LEVANE – Matteoli firmò un protocollo con l’allora presidente della Regione, Claudio Martini, che era stato suo avversario nelle elezioni regionali. Le rivalità politiche furono messe da parte, giustamente, per il bene comune. Considerato che avevo scritto libri e migliaia di articoli su «La Nazione» per denunciare il pericolo Arno che gravava, e grava, sulla Toscana e su due città vetrina come Firenze e Pisa, Matteoli chiese anche a me che cosa ne pensassi. Risposi che non era la soluzione ottimale, ma sempre meglio del niente registrato fino a quel momento. In effetti, l’idea di fare casse d’espansione per contenere alcuni milioni di metri cubi d’acqua che durante le grandi piene tracimano dal letto dell’Arno, che è piccolo e stretto, mi pareva utile. Così come l’intuizione – scritta nel piano di Nardi – di alzare la diga Enel di Levane. E allora via: si firma e si pensa di cominciare davvero a far qualcosa. Ma le certezze, in Italia, non ci sono mai: soprattutto in tema di opere pubbliche. Quando cambia un governo, si ricomincia daccapo. Infatti, nel 2006 vinse le elezioni Prodi che affidò il ministero dell’ambiente al verde Pecoraro Scanio. Il quale non portò avanti il progetto condiviso da Matteoli e da Martini. Tutto si fermò. E soltanto assai più tardi il meccanismo si rimise in moto, sempre grazie a Matteoli, che volle alla guida dell’Autorità di bacino una sua fedelissima: Gaia Checcucci. La quale è poi approdata al ministero dell’ambiente con un incarico decisivo.E proprio nel giorno della morte di Matteoli, l’attuale ministro, Gian Luca Galletti, ispirato dalla Checcucci, ha firmato un accordo da 63 milioni con la Regione Toscana per cercare di mettere in sicurezza l’Arno. Fra le opere previste, oltre alle casse d’espansione, anche l’innalzamento della diga di Levane. Significa che l’idea del «pianino» di Matteoli comincia a prendere forma. Nonostante la tragica scomparsa del suo concreto ispiratore. L’augurio? Che si vada avanti. E che al momento di tagliare i nastri ci si ricordi di lui, del combattente di destra rispettato anche a sinistra: soprattutto per la sua schiettezza, la sua lealtà e la sua voglia di fare.

Sandro Bennucci

 

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