Dopo le consultazioni, in caso di fallimento, il Quirinale opterebbe per il Governissimo

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I partiti, oltre a continuare le schermaglie, vivaci soprattutto fra Di Maio e Salvini, si interrogano anche sul significato da attribuire all’ordine fissato dal Colle per le consultazioni di giovedì 12 e venerdì 13. Il fatto che Mattarella abbia indicato come interlocutore finale i Cinque stelle (che alle elezioni del 4 marzo avevano sfiorato il 33 per cento), secondo i grillini, poco pratici di procedure istituzionali, potrebbe significare un’anticipazione di come il Quirinale si regolerebbe, dovendo conferire l’incarico di governo: partirebbe cioè dal partito più votato anziché dalla coalizione arrivata prima. Una pia illusione per Di Maio e c.

In realtà, secondo quanto risulta, l’ordine delle precedenze adottato dal Colle corrisponde a criteri che non forniscono alcun vero indizio su quanto intende fare (o non fare) Mattarella. Al Quirinale vale infatti la regola secondo cui, quando più gruppi parlamentari si presentano insieme ai colloqui, la gerarchia delle consultazioni viene fissata in base al gruppo più numeroso, in questo caso quello leghista. Ai fini della scelta per l’incarico di governo conta la prassi degli ultimi 70 anni, che presuppone che esista, almeno sulla carta e secondo accordi già definiti, una maggioranza disposta a sostenere il presidente incaricato. Ma al momento questa maggioranza ancora non c’è, e sembra che ancora non sia in dirittura d’arrivo una sua definizione.

Mattarella in realtà sembra voler pazientare fino alla fine del mese, dopo le prossime elezioni regionali, quando i due partiti più votati avranno chiarito meglio le rispettive posizioni in merito a possibili alleanze. Se però le combinazioni attualmente in trattativa o quelle future dovessero arenarsi, il Presidente non intenderebbe rimandare gli italiani alle urne, ma tentare come ultima spiaggia la formazione di un «governissimo» con tutti dentro. Il Quirinale si affiderebbe dunque all’unica soluzione possibile, non volendo nuove elezioni. Chiedere, in mancanza di accordi più volte sollecitati, che tutti i partiti, Pd incluso, diano una mano per un governo che realizzi le incombenze più urgenti per l’economia e lo sviluppo e facci approvare una legge che dia finalmente la possibilità di avere una maggioranza certa. E confida che, alla fine del secondo giro di consultazioni, possa rientrare in gioco tutto il Pd, Renzi incluso, ma questo era apparso evidente fin dall’inizio.

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