Karl Marx bollato in Russia come imperialista, celebrato in Cina

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Karl Marx era un imperialist, alla vigilia del bicentenario del padre de «Il Capitale» è la governativa Rossiskaia Gazeta, quotidiano di proprietà dello Stato russo, espressione del pensiero ufficiale per antonomasia, a rileggere la figura del filosofo tedesco in una chiave del tutto inedita.

Altro che padre nobile della nazione: il teorico del comunismo in realtà odiava la Russia e dai suoi scritti emerge chiara l’esortazione a contenerla, a combatterla con ogni mezzo, sposando dunque le strategie dei Paesi sviluppati. Ovvero Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti.
La lunga analisi, pubblicata in prima pagina, ripercorre gli studi del filosofo dedicati alla Russia (zarista)
giustapponendoli alla situazione politica attuale notando che, spesso e volentieri, paiono scritti oggi. Ecco allora che per Marx la Russia era il «baluardo della reazione mondiale e una minaccia all’umanità libera, non le si poteva dare fiducia e anzi era necessario farle la guerra per spingerla fuori dalla Storia, oppure sottometterla alle nazioni progressiste». Che poi erano proprio quelle capitaliste. Marx, si sa, considerava necessario lo sviluppo del ceto proletario per arrivare al comunismo e dunque aveva bollato come impossibile una rivoluzione nell’arretrato impero zarista, vaticinando tutt’al più una rivolta. Ma la Storia andò in tutt’altro modo. Fu dunque Lenin, sottolinea il quotidiano, a mitizzarlo nel contesto dell”Ottobre Rosso, essenzialmente per esigenze politiche.
Marx, insomma, se avesse avuto la bacchetta magica avrebbe «sospinto verso l’Asia quel Paese barbaro e sinistro, che stipula accordi diplomatici solo per sfruttarli come pretesti per la guerra – tant’è vero che nelle sue tesi geopolitiche si augura la distruzione di Odessa e Sebastopoli, città simbolo della vittoriosa campagna zarista in Crimea. Pare un riferimento alla disputa odierna fra Mosca e l’Occidente sull’Ucraina? Lo è.
La Rossiskaia Gazeta si spinge sino ad interpretare un passo di Marx in cui il filosofo sottolineava come l’Inghilterra
«avesse la possibilità di colpire la Russia tagliandola fuori dai mercati accostandolo all’attuale strategia sanzionatoria
occidentale. Tra gli scritti di Marx non si trova una sola parola positiva per la Russia, conclude l’autore dell’analisi:
proprio un bel paradosso se si considera che in centro a Mosca, capitale di quella nazione che tanto odiava, ancora oggi c’è un monumento a lui dedicato».

Se la Russia putiniana gli volta le spalle, Marx viene solennemente celebrato a Pechino dal presidente cinese Xi Jinping, che in un discorso alla Grande sala del Popolo su piazza Tiananmen parla di lui «come il più grande pensatore dei tempi moderni, le cui teorie splendono con la brillante luce della verità e consentiranno al Dragone comunista di vincere il futuro».

Mentre nella sua città natale, Treviri, in Germania, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker afferma che in fondo il povero Marx «non è responsabile per tutti gli abomini che sono stati compiuti in suo nome, lui va capito nel suo tempo, e quindi è giusto ricordarlo e celebrarlo».

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