Salvini al Viminale: i capi dipartimento collaborano, ma consigliano le giuste soluzioni

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Rimpatri, immigrazione, sicurezza: sono stati questi i tre argomenti discussi dal neo ministro Salvini con i cinque Capi Dipartimento al ministero dell’Interno. Al Viminale sembrava di essere tornati ai tempi del 1994, allora ero Direttore di tutti i servizi informatici del Ministero e i vecchi Direttori generali, per la quasi totalità democristianoni da sempre, temevano l’arrivo del giovane leghista Bobo Maroni, che dalle opposizioni era spregiativamente dipinto come musicista e piazzista dell’Avon.

Maroni si presentò allora con molta modestia e buon senso, in maniche di camicia come adesso Salvini, ascoltò i consigli dei Direttori generali, che nel frattempo aveva in parte sostituito ringiovanendo un po’ i ranghi, e poi è stato uno dei migliori ministri dell’interno.

Lo stesso clima di preoccupazione si respirava ieri nelle stanze del Viminale, non perché arrivasse un leghista, ormai ci eravamo abituati (parlo come se fossi sempre in servizio, ma 40 anni non si dimenticano), ma per gli annunci delle scorse settimane -in clima di campagna elettorale – di Salvini che preannunciava interventi drastici su migranti e sicurezza, che sicuramente venivano ritenuti in buona parte irrealizzabili dai miei colleghi. Ma, almeno a giudicare dalle foto e dalle successive dichiarazioni del ministro, credo che la preoccupazione, se davvero c’era stata, si sia in parte stemperata dopo l’insediamento del ministro e il suo incontro con i capi dipartimento.

l Viminale, così come la Farnesina, il Tesoro e la Difesa, è uno di quei ministeri chiave, storici, nei quali l’attività la dirige la compagine amministrativa, pur rispettando alcuni indirizzi della politica e intervenendo per mutare quelli che non risultano praticabili. I colloqui con i Capi Dipartimento, prefetti Franco Gabrielli, Elisabetta Belgiorno, Gerarda Pantalone, Bruno Frattasi, e Luigi Varratta hanno fin da subito chiarito le idee al Ministro.

Al prossimo appuntamento con l’Europa, fissato martedì a Strasburgo, si continuerà a discutere delle modifiche all’accordo di Dublino sui richiedenti asilo, ma Salvini non ci sarà. La linea sembra però tracciata: se il trattato non sarà cambiato, l’Italia potrebbe allinearsi agli Stati del blocco di Visegrad — Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia — che mirano a far saltare il tavolo, accusando così l’Europa di non voler fornire alcuna assistenza concreta a chi si trova in prima linea rispetto agli arrivi degli stranieri.

Prima di essere nominato ministro Salvini aveva annunciato di voler effettuare decine di migliaia di rimpatri e ne ha parlato nei colloqui informali dei giorni scorsi, ma dagli amici ministeriali gli è stato fatto capire che sarà molto difficile, visto che occorre il consenso dei paesi dove gli immigrati sarebbero rispediti. Le resistenze dei Paesi di origine continuano però a essere fortissime, senza il rinnovo di accordi che prevedano nuove forme di cooperazione sarà impossibile riportare gli stranieri a casa.

Ieri Salvini aveva detto di voler «far prevalere i sindaci rispetto ai prefetti» provocando non poche agitazioni al Viminale, ma anche in questo caso, da uomo di buon senso quale si spera che sia, capirà che sindaci e prefetti hanno finora governato la sicurezza d’intesa e collaborando fra loro, e dovranno continuare a farlo.

Un’altra dichiarazione di Salvini è stata molto importante, segno che ha compreso al volo i consigli dei capi dipartimento: ha infatti annunciato una richiesta urgente di potenziamento e ringiovanimento di poliziotti e vigili del fuoco, il cui organico si è impoverito ed è terribilmente invecchiato con il blocco delle assunzioni conseguente alle politiche di austerità. Per la funzionalità della nostra sicurezza è necessario intervenire alla svelta, ed è questo il messaggio che Salvini ha subito lanciato a poliziotti e vigili del fuoco.

Conoscendo personalmente la professionalità, la capacità di convinzione e l’efficienza della squadra che governa il ministero sono fiducioso che i colleghi sapranno indurre il ministro a adottare le decisioni più utili e opportune per il bene comune.

Paolo Padoin

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