Magistrati e giornalisti accolgono con favore l’intenzione del neoministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, di intervenire nei prossimi giorni sul decreto sulle intercettazioni che non piace a nessuno degli operatori del diritto, specie perché – dice in un’intervista il guardasigilli – porre come unico filtro alla raccolta delle informazioni la polizia giudiziaria crea una lacuna, che non tutela né gli indagati né gli inquirenti.
«E’ un’apertura che accogliamo con favore: la riforma delle intercettazioni è sbagliata e dunque se ci sarà un ripensamento non potremo che essere d’accordo», dice il presidente dell’Anm Francesco Minisci. «Se il ministro ritiene che la riforma danneggia le indagini vuol dire che avevamo ragione noi, la legge è anche inidonea a evitare la pubblicazione delle conversazioni sensibili. Il punto più critico è il potere di selezione delle conversazioni rilevanti che viene demandato alla polizia giudiziaria: noi chiediamo che si intervenga su quello».
«Dal momento che abbiamo contestato nel metodo e nel merito il provvedimento sulle intercettazioni, non possiamo che accogliere positivamente – dicono Federazione nazionale della Stampa italiana e Ordine dei giornalisti – la decisione del ministro Bonafede di sospendere il relativo decreto. Ci auguriamo che il confronto possa essere riaperto e che al centro dell’attenzione siano riportate le cosiddette querele bavaglio, diventate uno strumento di permanente minaccia nei confronti dei cronisti che indagano su malaffare e corruzione».