Ex caserme e palazzi ecco il piano italiano per dare ai profughi 30mila posti in più. Una cinquantina di strutture in 14 Regioni messe a disposizione da Difesa e Demanio per aumentare la capacità di accoglienza. Il progetto ora entra nella fase operativa, con l’obiettivo di recuperare il più rapidamente possibile trentamila posti per ospitare i nuovi arrivati e raggiungere la quota centocinquantamila fissata come obiettivo del 2016. Ad una prima scrematura, le strutture che potrebbero essere riqualificate per l’accoglienza sono circa cinquanta. Un primo elenco era stato stilato tempo fa e in alcuni spazi sono stati già avviati gli studi di riqualificazione e tra poco potrebbero partire i cantieri, almeno per alcuni edifici. Buona parte delle strutture sono state identificate tra Sicilia, Veneto, Friuli e Lombardia, si tratta di una ventina di caserme e depositi militari.
TOSCANA – La Toscana è stata considerata solo marginalmente. Nella nostra regione infatti sarebbe stato identificato soltanto il Forte del Pozzarello, fortificazione costiera situata nel comune di Monte Argentario, sull’omonima altura che si eleva in prossimità del tratto costiero settentrionale del promontorio. Possente struttura militare costruita tra il 1881 e il 1888 per difendere il golfo di S. Stefano-Talamone. In seguito il forte fu adibito a deposito di munizioni di grosso e medio calibro. Ha una planimetria piuttosto complessa e si sviluppa soprattutto nel sottosuolo su tre diversi piani di livello. Occupa una superficie di circa 8mila mq con 18 locali per la guarnigione ed altri ancora destinati a magazzino. È stato militarizzato nel 1975 ed oggi è abbandonato. A Firenze a suo tempo (2009) si era parlato delle caserme Donati di Sesto Fiorentino o della ex Lupi di Toscana a Scandicci quali possibili destinazioni a sedi di centro di identificazione e espulsione, ma poi tutti i progetti sono rientrati.
MESSINA – La prima a partire potrebbe essere Messina. La caserma Gasparro è in ristrutturazione, con fondi già stanziati nel 2015 e presto dovrebbero essere disponibili 500 posti. Già nelle prossime settimane l’area potrebbe occupare una “tensostruttura” ovvero dei tendoni, in attesa del completamento dei lavori. In Sicilia, potrebbero essere destinate all’accoglienza anche il complesso turistico alberghiero di Castelvetrano in provincia di Trapani, bene confiscato alla mafia in attesa di ricollocazione, e l’ex carcere militare di Palermo.
SAN GIULIANO PUGLIA – Uno spazio che non è nell’elenco ma potrebbe diventare presto operativo è quello del centro turistico di San Giuliano di Puglia. L’area è da tempo all’attenzione del Viminale anche perché gli edifici sono di proprietà pubblica. A bloccare tutto, un anno fa, erano state le intercettazioni raccolte nell’inchiesta Mafia capitale: Luca Odevaine, membro della Consulta sui migranti, diceva ai suoi che chi avesse ottenuto la gestione di San Giuliano avrebbe dovuto versargli una percentuale. Ora che il processo è abbondantemente avviato, è ripartito anche un nuovo bando di appalto e il piano di accoglienza potrebbe essere operativo entro la fine del 2016.
LAZIO – Nel Lazio, i progetti sulla ex caserma di Civitavecchia al momento sono fermi per la contrarietà del sindaco, mentre il deposito Pian della Chiavica a Tarquinia in provincia di Viterbo potrebbe essere bonificato e approntato.
NORD EST – Buona parte delle strutture sono state identificate tra Veneto, Friuli e Lombardia, per un totale di circa 20 caserme e depositi militari. Sul numero degli arrivi per ora il governo non si sbilancia. E’ vero che siamo a quota trentamila sbarchi, ma i numeri sono inferiori a quelli di un anno fa. Finora la chiusura delle frontiere con la Grecia non ha portato i rifugiati provenienti dalla Siria né a dirigersi verso l’Albania né a spostarsi verso la Libia in misura maggiore del passato.
DUBLINO – Per ora, la priorità per il governo italiano è raggiungere l’obiettivo di accoglienza di 150mila posti. Il tetto è lo stesso fissato nel corso del vertice europeo che ha deciso di fatto di rivedere gli accordi di Dublino. D’ora in avanti, anche se la responsabilità per il richiedente asilo appena arrivato in Europa sarà sempre del paese di primo approdo, la redistribuzione per quote sarà favorita. Anche perché chi si sottrae agli impegni europei, dovrà pagare 250mila euro a migrante “respinto” ai paesi più gravati dall’accoglienza.