La Corte di Cassazione ha condannato la Lazio a risarcire Giancarlo Picchio De Sisti, capitano della Fiorentina del secondo scudetto eppoi allenatore dei viola. La Lazio – come peraltro aveva già stabilito la Corte di Appello di Roma nel 2013 – sarebbe colpevole di aver tenuto De Sisti ai margini per un anno dopo averlo ingaggiato, ai tempi di Sergio Cragnotti, dal 2001 al 2004 come responsabile delle squadre giovanili biancocelesti.
Senza successo, la difesa della Lazio ha sostenuto che non c’era stato alcun demansionamento e che semmai c’erano stati inadempimenti del lavoratore. Invece i giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva già accertato l’inattività a cui fu costretto De Sisti a far data dal gennaio del 2003 ed hanno valutato come generiche e prive di riscontri le allegazioni della società sulla condotta inadempiente di Picchio. I supremi giudici inoltre hanno respinto anche il tentativo della Lazio di
contestare il diritto di De Sisti al risarcimento del danno morale ed esistenziale. La Cassazione – sentenza 5431 – ha ricordato che questo diritto è stato accertato fin dal primo grado nel 2006 per la lesione della dignità, della personalità morale e della stessa immagine professionale del De Sisti tanto più grave alla luce della stessa eco che la vicenda ha avuto nell’opinione pubblica.
A sua volta, De Sisti aveva fatto ricorso in Cassazione, ottenendo il parere favorevole del Sostituto procuratore generale Mario Fresa, per ottenere – come avvenuto in primo grado – anche il risarcimento per il danno patrimoniale da demansionamento. La richiesta, che avrebbe implicato la riapertura del caso che si protrae ormai da 15 anni, non è stata accolta perché non sono state approfondite le conseguenze negative subite da De Sisti per la forzata inattività.
Ernesto Giusti