Province: i ritardi delle regioni frenano la riorganizzazione. Ma la riforma costituzionale le abolisce

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Graziano-DelrioA che punto è la telenovela della riorganizzazione delle province, che secondo la riforma della costituzione, che voteremo a ottobre, dovrebbero scomparire, ma che funzionano invece ancora a pieno regime trasformate in enti di area vasta?

Diverse funzioni amministrative che la legge Delrio (56/2014) ha assegnato alle nuove Province riguardano il governo del territorio, le questioni ambientali e segmenti dell’edilizia e delle infrastrutture. Il riordino, che coinvolge anche il ruolo delle Città metropolitane e delle unioni e fusioni di Comuni, imponeva però alle Regioni un lavoro legislativo che, dopo due anni, non è ancora terminato. È vero che le relative norme di recepimento sono state ovunque approvate (e in Puglia e Toscana già sottoposte a un primo tagliando nel 2016), ma per renderle operative sono previsti in molti casi degli atti amministrativi.

In attesa della più sistematica riforma del Titolo V della Costituzione – prevista nella riforma costituzionale – la legge 56/2014 ha comunque riorganizzato (non abolito) le Province travestendole da enti territoriali di secondo livello, e ha individuato gli ambiti in cui vengono loro riconosciute funzioni fondamentali di area vasta. Si tratta spesso di una conferma delle materie per le quali le stesse Province avevano avuto una delega più o meno ampia dalle Regioni.

Le funzioni fondamentali in ambito provinciale riguardano:

• la pianificazione territoriale di coordinamento e la tutela e valorizzazione ambientale

• la pianificazione dei servizi dei trasporti

• la programmazione della rete scolastica e la gestione dell’edilizia scolastica

• la raccolta, l’elaborazione dei dati e l’assistenza agli enti locali

• la promozione delle pari opportunità.

Le Province di confine o con territorio tutto montano curano anche lo sviluppo strategico del territorio e le relazioni con gli enti confinanti.

I nuovi enti esercitano tali funzioni fondamentali entro i limiti e con le modalità stabilite dalle norme statali e regionali dei diversi settori. Lo Stato e le Regioni, secondo le proprie competenze, possono attribuire anche ulteriori funzioni. Quelle trasferite a un altro ente territoriale continuano a essere esercitate dalle Provincia, fino alla piena operatività dello stesso ente.

Limiti e modalità di esercizio delle funzioni sono stabiliti dalle leggi regionali, che regolamentano le attività dei diversi settori e che possono anche allargare o restringere il ventaglio delle competenze previste dalla normativa statale. Tali competenze sono state in genere ribadite, mentre solo poche Regioni hanno deciso di riappropriarsi di alcune funzioni amministrative in precedenza attribuite alle Province. Fra queste l’Umbria, l’Abruzzo e la Calabria. In Toscana invece, oltre che per la valutazione ambientale strategica (Vas) la Regione diventa competente anche in materia valutazione di impatto ambientale (Via) su specifici progetti.

Sarebbe lungo l’elenco, a macchia di leopardo, delle varie statuizioni delle regioni, alcune delle quali non hanno ancora completato l’iter per i trasferimenti di competenze previsti dalla legge. Una legge che sta creando più problemi che certezze, come si può constatare se si ha la pazienza di andare a ricercare le leggi regionali che finora sono intervenute per regolare la materia. Ma in Italia, il Paese delle autonomie locali, succede questo ed altro; l’incertezza regna sovrana e gli operatori economici si debbono districare fra una giungla di leggi e regolamenti diversi da regione a regione. Tanto che il Governo, con la progettata “controriforma” del titolo V della Costituzione ha deciso di porre rimedio a questa situazione riconducendo in ambito statale molte materia fondamentali che erano state trasferite alle Regioni.

 

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